Page 59 - Mediterraneo e Dintorni - Numero 1
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Un fatto, questo, per il quale il concedersi un pizzico  tradotta. Il monaco calabrese, cioè, mantiene fede al
            di orgoglio territoriale può essere ritenuto un vezzo  metodo in uso nel Medioevo nel trasferire un testo
            giusti cabile.  Sì, possiamo e dobbiamo dirlo: le ope-  da un sistema linguistico all’altro, al di fuori di ogni
            re di Omero, ma non solo quelle, sono state tradotte  ambizione estetica che invece è presente nei poeti.
            dal greco al latino grazie ad un calabrese. Sicché au-  Ma, a ben vedere le cose, occorre ribadire una volta
            tori del calibro di Boccaccio e di Petrarca, fra gli altri,  di più l’importanza fondamentale di Leonzio Pilato
            vi si sono dovuti rivolgere per ottenere versioni tra-  nel lavoro culturale da lui svolto, in coerenza con la
            dotte dell’Iliade e dell’Odissea.                tradizione ed il metodo più antichi.
            Ma Leonzio Pilato traduce anche Euripide ed Aristo-  Probabilmente il giudizio di Petrarca è anche in-
            tele, ciò che ne fa e lo rappresenta come un greci-   uenzato dagli aspetti caratteriali e  sici dell’illustre
            sta di elevato spessore culturale. Ed e ettivamente  ellenista calabro, che si presenta disordinato, inele-
            egli stesso amava de nirsi “Tessalo come il grande  gante, ostinato, umbratile, scostante. Come il suo
            Achille” in quanto avvertiva forte il sentimento di  perenne essere errabondo, per attraversare il mon-
            attrazione e di appartenenza al mondo greco e alla  do, viverlo, comprenderlo. Ed è  proprio durante uno
            terra che egli riteneva essere la sua patria
            spirituale e letteraria.
            L’importanza e il contributo di questo
            erudito monaco per la cultura italiana ed
            europea è dovuta anche al fatto che ope-
            ra in un periodo storico nel quale la pre-
            ziosa dimensione greca presente in Ca-
            labria stava per essere sciaguratamente
            annientata, relegata all’oblio, cancellata
            dalla furia degli Angioini. Leonzio Pilato,
            attraverso la sua penna, contrasta tale ca-
            tastrofe e mantiene in vita il portato spi-
            rituale,  loso co, culturale, estetico della
            Grecia. Ciò contribuendo a fornire all’Oc-
            cidente gli strumenti per poter ancora at-
            tingere a quelle fonti e porre così solide
            basi per l’Umanesimo.
            Allievo del vescovo e teologo Barlaam da
            Seminara - che gli trasmette la passione
            per la cultura greca e per i viaggi (giro-
            vaga dalla Calabria a Creta, da Firenze a
            Venezia, da Napoli a Siena, da Avignone a
            Costantinopoli) - Leonzio Pilato deve es-
            sere ricordato anche per aver ottenuto la
            prima cattedra di “litteras grecas” in Italia,
            grazie a Boccaccio che nel 1360 lo ospita
            a Firenze e provvede alla sua sistemazio-
            ne presso lo Studium della città.
            C’è da sottolineare, però, che – nono-
            stante lo consideri un “archivum inexhau-
            stum” di informazioni sulla cultura e sulla
            mitologia greche – Petrarca  ha da ridire
            sulle versioni leontee delle opere omeri-
            che, esprimendone un giudizio severo:
            ciò è dovuto al fatto che le aspettative   Incipit dell’Iliade di Omero tradotta in latino da Leonzio Pilato
            dello scrittore aretino fossero informate
            ad esigenze squisitamente poetiche, mentre Leon-  dei suoi tanti viaggi, probabilmente nel 1365, che
            zio Pilato si preoccupa essenzialmente di trasferire  Leonzio Pilato muore, naufrago durante la traversa-
            verbum de verbo – fedele al testo originale – l’opera  ta che da Costantinopoli lo portava verso Venezia.



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