Page 32 - Mediterraneo e dintorni - 4-2020
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ARTE/ART



















                                        Cesare Berlingeri,




                               dal bordo delle pieghe






                                    Veduta parziale delle installazioni. In prino piano “Avvolgere il giallo” 2005, “Viaggi oltremare” 2005 e “Nuvole” 2010


                   di Teodolinda Coltellaro - critico d’arte


                    l  percorso di ricerca        piega dopo piega. Ogni           dimensione  generatrice  di
                    di Cesare Berlingeri si       piega è gesto ripetuto, con      senso e di significati metaforici,
                    snoda ormai da quasi          l’eleganza e la decisione di chi   di slittamenti linguistici; è
                Icinquant’anni, coerente e        ne possiede e padroneggia        luogo di vertigini dello sguardo
                rigoroso, attraverso la pittura   il suo piegarsi e dispiegarsi,    che  si smarrisce tra le  sue
                piegata  che ha, di volta in volta,   senza tentennamenti, senza   sinuosità, che sfiora,  senza
                assunto nuovi valori formali e    ripensamenti. È un gesto         riuscire a  fissarla, quella  linea
                concettuali in cui le volumetrie   assoluto e lieve,  forte e      impalpabile che ne definisce
                dei corpi ne hanno declinato      ineluttabile, scandito dal ritmo   l’esistenza  e  segna il passaggio
                le variazioni lessicali. Nelle    del respiro. E, come il respiro,     dalla luce all’ombra. Ma, nella
                opere più recenti è ritornato     il suo gesto sale da dentro, dalle    sua sostanziale unicità, qual è il
                all’essenzialità delle pieghe,    pieghe profonde del  suo essere    destino della piega nell’opera
                alla  geometria rigorosa che ne    e segna  lo spazio, la tela, crea   di Berlingeri? La ripetizione,  il
                rivela la struttura analogica,    linee, tracce, morbidi spessori   rimando di piega in piega rompe
                proponendola nella ripetizione    che si chiudono  su se stessi    i confini, frantuma le certezze,
                differente, nel tessuto poetico   rendendo il dentro dimensione    apre  all’ebbrezza conoscitiva
                della variazione, che muove       ineffabile, in un continuo       del  pensiero, al molteplice,
                da scarti lievi, all’infinito,    riproporsi di nascondimento      ad  un atto di  ripiegamento
                                                  e disvelamento. La piega  ora
                                                  non identifica né  definisce le
                                                  volumetrie di un corpo, bensì
                                                  mette in gioco la sua natura
                                                  di linea. La sua esistenza   si
                                                  risolve tutta nel bordo, quell’orlo
                                                  di luce  che segna il divenire
                                                  della piega, che è passaggio,
                                                  soglia oltre la quale la piega
                                                  affida se stessa  all’ombra, alla
                                                  dimensione di mistero che si
                                                  estende oltre la pura visibilità.
                                                  Il bordo è  una regione  di
                                                  confine che  divide il dentro dal
                                                  fuori, l’interno  dall’esterno,
                                                  il visibile dall’invisibile; è una


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