Page 58 - Mediterraneo e dintorni - Maggio 2020
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onobbi Paolo Ferraina nel 2017, nella
magia del parco archeologico di
Scolacium. Quella sera, in quel posto
Cincantevole carico di storia e fascino, si
sarebbero esibiti i Due Cellos. Lui si aggirava nel
parco, con la sua fotocamera al collo, silenzioso,
riservato, presente, fra le rovine maestose e gli
ulivi: osservava, scrutava, aspettava. Operò,
quella sera, invisibile, fra i ruderi resuscitati dalle
reinterpretazioni di Vivaldi e AC/DC.
Il lavoro consegnato qualche giorno dopo fu
strepitoso, dirompente. La grandezza del celebre
duo riecheggiava nel parco attraverso le foto di
Ferraina: esplosione di luce, colori, emozioni,
energia vitale. Alla sua presenza educata, discreta,
rispettosa, faceva quasi da contraltare la potenza dei
suoi scatti. O, per dirla con le parole del critico d’arte
Luca Nannipieri, dei suoi “spari”. Li paragona
a proiettili, infatti, quegli scatti, Nannipieri,
nell’introduzione al volume fotografico “Isole
umane” (Giorgio Mondadori, 2019), da lui stesso
curato, in cui scrive: «Il talento, quando c’è, spara.
Il talento fotografico di Paolo Ferraina fa proprio
questo: spara. […] L’autore “ama fotografare gli
esseri umani ed attraverso la sua prima opera
editoriale intende mettere a fuoco il concetto di
“isolamento”, proponendo una serie di scatti che,
da più prospettive, portano in risalto la capacità
dell’uomo di distaccarsi dalla quotidianità.»
Cacciatore Damara, Namibia
Conversazione tra uomini - Metropoliz, Roma
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