*di Luigi Polillo*
Nel 1971 fa la sua prima esposizione nel Museo Archeologico di Vibo Valentia, successivamente si trasferisce a Roma dove consegue il diploma presso l’Accademia di Belle Arti, inizia ad esporre negli anni settanta e nel ’78 si iscrive alla facoltà di architettura, ma, dopo vari esami, decide di dedicarsi unicamente alla pittura. Durante la seconda metà degli anni ottanta sarà invitato ad esporre in mostre in tutta Italia e all’Estero. Salvatore Dominelli appartiene a una realtà romana che agli inizi degli anni Novanta segna una continuità sostanziale nella pittura, sono anni in cui è attiva una generazione di giovani artisti che predominano una scena emergente.
Artisti italiani contemporanei, che si esprimono attraverso i medium più disparati: video, pittura, fotografia, installazione, una generazione di artisti esordienti dunque, che dopo le esperienze dell’Arte Povera e della Transavanguardia, si fanno portavoce di una ventata di aria nuova. In questo scenario artistico rientra Dominelli con una pittura segnica, evocativa, ricca e densa di colore. Una suggestione che si fonda nel pensiero dell’indole umana una costruzione stratificata nella memoria di un’immagine sfocata, di una forma indelebile decantata nella sua complessità. Le sue geometrie sono quasi sempre irregolari ma conducono l’occhio attento del fruitore ad una riflessione numerologica indotta sulle relazione tra il tre e l’uno una pittura che ci conduce inesorabilmente in un’altra dimensione dell’estetica mistica.