di Alessandra Cappelletto
Era il 26 aprile 2014, la mia prima gita “ufficiale” con le “Matite In Viaggio” e con Emiliano, che emozione!
Partiti da Treviso la mattina presto per raggiungere il gruppo che ci attendeva a Trieste, nonostante fossimo arrivati in anticipo, non siamo riusciti a trovare il bar-punto di ritrovo, perché aveva l’insegna nascosta tra le fronde e, neanche a dirlo, lungo la costa i cellulari non prendevano. Ma alla fine ce l’abbiamo fatta: colazione tutti assieme! Salgono in macchina con noi anche le amiche Diana, Cristina e Chiara, e partiamo insieme agli altri gruppi. Proprio niente male questa comitiva: 4 a 1 con l’instancabile autista. Lungo la strada non mancano gli imprevisti di chi si è dimenticato lo zainetto al bar (non facciamo nomi ma trattasi di un simpatico architetto trevigiano!).
Accompagnati dalla pioggia, ci addentriamo nel cuore della verde Slovenia, circondati da distese di tronchi spezzati, modello “The Day after”, e finalmente arriviamo al fantastico Castello di Predjama. Ci appare subito come una vera fortezza fatta di roccia incastrata nella roccia; al di sopra ci sono tonnellate di montagna, e in cima spuntano alberi come tanti indiani a fare la guardia. Più ci si avvicina al castello per disegnarlo e per capire come è fatto, più si scopre quanto sia intricato. Oltrepassiamo un ponte levatoio e varchiamo un portone da fiaba, attraversiamo stanze e cunicoli, saliamo scale di legno e di pietra, raggiungendo alla fine la grande grotta.
L’esplorazione è fatta di sguardi continui e alternati tra dentro e fuori, da quante finestre ci sono. Per certi versi, in certi punti, a parte l’umidità, mi ricorda i Sassi di Matera.
Mentre molti di noi delle “Matite In Viaggio” sono ipnotizzati a disegnare gli interni ed esterni del castello, altri corrono su e giù per la collina a cercare lo scatto fotografico migliore. Nel frattempo il cielo coperto è tornato a rasserenarsi e, conclusi i disegni, ci rimettiamo in viaggio verso Stanjel. Lungo la strada la nostra magnifica guida Anna Maria ci porta a vedere un borghetto, che è quasi solo un crocicchio di stradine, ma su cui si affacciano alcuni antichi camini a dir poco spettacolari. C’è addirittura chi decide di fermarsi a disegnarli. Noi invece andiamo subito a Stanjel, dove gli altri ci raggiungono poco dopo. Qui, mentre riprende a piovere, camminiamo tra l’abitato, la cui edilizia è fatta di sassi. Troviamo da disegnare la “kraska hisa”: un bellissimo esempio di casa carsica che con le sue grondaie sembra fatta proprio per sintetizzare il connubio tra materiali naturali e soluzioni antiche allo stesso tempo moderne, semplicemente geniali. A me, i colori delle costruzioni del Carso (e dintorni) hanno sempre affascinato: la pietra chiara, anche se è brutto tempo, dà luce, e trasmette una sensazione di pace.