di Luigi Polillo
Il modus operandi degli artisti Giuliano Babini, Onorio Bravi e Stefano Mercatali riflette l’immaginario simbolista caratteristico del territorio ravennate. Nel corso degli anni compiono individualmente un percorso intenso, dove, alla base, vi è una concreta ricerca artistica. Mercatali e Bravi incentrano il loro linguaggio pittorico su un concetto astratto, ma sempre con un richiamo figurativo, divenuto più esplicito nel periodo in cui frequentano l’Accademia di Belle Arti di Ravenna, ritenuta sin dai primi del ‘900 fulcro di interscambio di idee; ricordiamo la fine degli anni ’90, dove, in questo luogo, si aprono nuovi orizzonti all’arte contemporanea e alla multidisciplinarità delle indagini artistiche, ospitando figure come Bruno Ceccobelli, Antonio Violetta e lo storico del Desing Carlo Branzaglia.
L’esperienza accademica costituirà un’affermazione del loro operato ritenuto oggi di alto valore espressivo: disegnano scene visionarie e trasfigurazioni velate da una poetica fantasiosa, elevano la pittura paesaggistica e figurativa, contrapponendo una realtà fenomenologica dell’immagine che attraverso architetture monumentali e porte magiche conduce il fruitore a dialogare con la purezza e la forza espressiva dell’arte.
Babin, dopo il suo esordio nei primi anni ’70, si dedica all’elaborazione di scenografie teatrali, compiendo diverse esperienze nel campo della fotografia, della pittura e del mosaico. Oggi è ritenuto uno dei maggiori mosaicisti contemporanei; esegue lavori di elaborata maestria e arcaica seduzione, reinterpretando la concezione della tecnica musiva. Ogni tessera è un atto di impegno pratico ed interiore dell’uomo; di fronte a una realtà materica e mistica, predilige una cultura ancorata a credenze legate agli animali, in gran parte tramandate dai tempi e dai culti antichi. Nelle sue sculture predomina ed emerge una simbologia che coinvolge l’occhio in una visione micro-macrocosmica dell’essere, esprimendo una dimensione pulsionale dell’uomo, una nuova visione metaforica, a volte giocosa, del mondo terreno. Concluderei con una riflessione di Iris Murdoch, filosofa britannica, affascinata dai grandi greci e latini, dalla letteratura e dalla storia dell’arte rinascimentale, la quale scrisse: «L’arte è un gioco segreto e pericoloso con le forze inconsce, amiamo l’arte anche l’arte più semplice, perché ci turba in maniera profonda e spesso è incomprensibile; (…) La grande arte ha un effetto positivo sulle persone (…) è liberatrice, ci rende capaci di vedere ciò che è altro da noi e di trarne piacere».