Nuccio Loreti, arte e scultura del metallo

ARTE/2

 

 

Nuccio Loreti, arte e scultura del metallo

 

 

Man mano che si percorre la strada provinciale 34/2, nel tratto che collega Catanzaro a Gimigliano, un paesaggio rupestre sostituisce le vedute collinari e urbanizzate del capoluogo. Qui, nascosto dietro una delle suggestive e sinuose curve che attraversano la contrada Petrusa, si incontra il laboratorio di Nuccio Loreti. Si tratta di un piccolo opificio dedito alla lavorazione manuale del metallo che il titolare, cinquantatré anni, nato e sempre vissuto laddove oggi insiste la sua casa con adiacente bottega, porta avanti con amorevole passione.

Su queste rupi cariche di una storia antica, ancorché cancellata dall’incuria umana, si respira un’atmosfera particolare: da queste parti,  tra 10.000 e 15.000 a.C., sorgeva uno dei più antichi insediamenti abitativi della Calabria, posta al centro dell’Istmo e perciò centro nevralgico per le comunicazioni. È in località Petrusa infatti che sono state ritrovate antiche miniere e  numerosi resti di stabilimenti e arnesi da lavoro, a dimostrazione di un’intensa attività proto-industriale e commerciale, nonché di un’avanzata e prospera industria atta alla fusione ed alla raffinazione del rame.

È lo stesso Loreti a confidarci la suggestione di avere probabilmente subìto e inconsapevolmente colto l’ispirazione artistica proprio dall’incanto che emanano quei luoghi. Fatto sta che l’arcaica tradizione di lavorare manualmente il metallo coinvolge a pieno questo bravo artista catanzarese, ancora poco conosciuto.

Nuccio Loreti apprende il mestiere di fabbro dal padre. Sin da ragazzino maneggia saldatrici, macchine da taglio, martelli e utensili vari, crescendo in un ambiente lavorativo artigianale che, a poco a poco, a partire dalla grande elica in ferro costruita a soli quattordici anni, tirerà maieuticamente fuori la sua voglia di creare oggetti.

Ma l’espressione squisitamente artistica arriverà molto più tardi, essendo il suo primario lavoro di fabbro basato sulle commesse del settore edile. Sotto sotto, però, cova sempre la vena artistica, nutrita dal sogno insopprimibile di fare cose belle.

Ad un certo punto, complice la crisi economica che coinvolge anche il settore in cui la famiglia opera da diversi anni, il lavoro va scemando: siamo agli inizi degli anni 2000 e Loreti decide di occupare i tempi forzatamente improduttivi, determinati dalla riduzione del lavoro, impiegandoli nell’arte. Sfrutta cioè la sua esperta manualità nella lavorazione dei metalli amalgamandola con la creatività.  È il momento giusto per dare sfogo e sbocco a qualcosa tenuto soppresso per anni. Inizia con piccoli lavoretti artistici i cui soggetti spaziano da elementi naturali come piante e fiori e soprattutto animali, a oggetti i più vari e di uso comune, adatti alle richieste del design e dell’architettura.

Un giorno, nel suo laboratorio, notando a terra scarti di lavoro come alcune lamine buttate lì da chissà quanto tempo, trae ispirazione per un loro riutilizzo: realizza una maestosa aquila dall’apertura alare di due metri e venti – costruita in due anni di lavoro difficoltoso e impegnativo – e che può certamente essere considerata la sua prima importante opera artistica. Probabilmente è quella la svolta interiore che accresce la fiducia nelle sue capacità creative e lo induce, lui autodidatta, a studiare, migliorarsi, crescere.

Guardando le varie opere presenti all’interno della sua bottega si capisce quanto Loreti sia dotato di una cifra stilistica originale, un suo modo particolare di lavorare il metallo. Si tratta di una lavorazione “a freddo”, ossia un’operazione che consente grazie alla manualità artigianale di trasformare una lamiera piana in una forma concava o convenevole all’obiettivo artistico prefissato. Si potrebbe definire come una variante alla lavorazione del ferro battuto.

Ma solo pochi anni fa, il 2014, Loreti compie il salto di qualità dedicandosi con un approccio consapevole alla trasformazione dell’idea in opera d’arte: prendendo spunto da altri artisti nazionali e internazionali che costruivano opere mediante l’assemblaggio dei cosiddetti pezzi di abbandono, ha in mente di realizzare un grande cavallo bianco, simbolo di coraggio, forza e vittoria. Non è semplice, ma sa da dove partire: progetta su carta il prototipo per poi farlo stampare su un gigantesco poster quadrato di due metri e mezzo per lato. Il poster serve per prendere le misure corrette occorrenti a realizzare i singoli pezzi. E in effetti il cavallo venuto fuori nel giugno 2017 – denominato “Petrus” quale evocazione dell’antica Petrusa – è il frutto dell’assemblaggio millimetrico e abile di oltre 300 “tessere”, giacché quest’opera sembra essere proprio un mosaico costituito da tanti pezzi, ognuno dei quali ha richiesto fino ad una giornata di lavoro, poi uniti mediante saldatura.

È stato il poeta e scrittore catanzarese Achille Curcio, tra i primi ad ammirare “Petrus”, ad aver definito l’opera come un “mosaico tridimensionale”; e ciò a dimostrazione del fatto che, differentemente dalle normali opere artistiche che vengono fuori dal metallo fuso colato in un calco, qui siamo in presenza di pezzi unici realizzati ad uno ad uno e successivamente assemblati per dare corpo al prodotto artistico finale.

“Petrus” è maestoso, con la sua particolare espressione di fierezza. Chi lo ammirasse non può che restare rapito dalla sua bellezza e dalla sua nobile imponenza. Un capolavoro che merita di essere esposto e conosciuto oltre i confini di Catanzaro.

Nei progetti futuri di Nuccio Loreti ci sono altre idee, alcune delle quali, per essere realizzate, necessiterebbero di un intervento di mecenatismo culturale o di una qualche forma di sostegno. Per ora, valga sapere che l’artista che vive, lavora e respira l’aria dell’antica Petrusa, ha ricevuto l’incoraggiamento morale di tanti estimatori, ancorché limitati rispetto alla potenziale platea dei fruitori dell’arte; fra questi estimatori citiamo Saverio Rotundo, meglio conosciuto come “U Ciaciu”, maestro riconosciuto dell’arte dell’abbandono e di creazioni artistiche in metallo. Entrando nel laboratorio di Loreti pare si sia rivolto a lui con queste parole: <<Tu ti meriti la medaglia d’oro>>.

 

 

Fabio Lagonia

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