Page 86 - Mediterraneo e dintorni - nr 29
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FAMIGLIA E SOCIETÀ



                                                                                   Neuropsichiatra infantile,
                                                                                   neurofisiopatologo, presidente
                                                                                   dell’associazione Mi.Pi.Aci., opera da
                                                                                   trent’anni nel campo del disagio giovanile.
                                                                                   Esperto di problematiche relative alla
                                                                                   genitorialità, conduce corsi in ambito
                                                                                   scolastico per promuovere la conoscenza
                                                                                   dello studente portatore di disagio
                                                           di Bruno Pisani         relazionale. www.associazionemipiaci.it






                                     La povertà ai nostri tempi





                                                                  un destino cieco di fronte al quale non possiamo fare nulla. E
                                                                  quando la miseria cessa di avere un volto, possiamo cadere
                                                                  nella tentazione di iniziare a parlare e a discutere su “la fame”,
                                                                  “l’alimentazione”, “la violenza”, lasciando da parte il soggetto
                                                                  concreto, reale, che oggi ancora bussa alle nostre porte.
                                                                  Quando mancano i volti e le storie, le vite cominciano a
                                                                  diventare cifre e così un po’ alla volta corriamo il rischio di
                                                                  burocratizzare il dolore degli altri. Le burocrazie si occupano
                                                                  di pratiche; la compassione si mette in gioco per le persone.
                                                                  Questo ci impone un intervento su scala in cui venga posto
                                                                  come obiettivo dei nostri sforzi la persona concreta che soffre
                                                                  e ha fame, ma che racchiude anche un’immensa ricchezza
                                                                  di energie e potenzialità che dobbiamo aiutare a esprimersi
                                                                  concretamente.
                                                                  Ci farà bene ricordare che il cibo che si spreca è come se lo si
                                                                  rubasse dalla mensa del povero, di colui che ha fame. Questa
                                                                  realtà ci chiede di riflettere sul problema della perdita e
                                                                  dello spreco di alimenti, al fine di individuare vie e modalità
                                                                  che siano veicolo di solidarietà e di condivisione con i più
                                                                  bisognosi. La politica e l’economia tendono a incolparsi
                                                                  reciprocamente per quanto riguarda la povertà e il degrado
                                                                  ambientale. Ma quello che ci si attende è che riconoscano
                    è un modo di considerare gli esiti dell’iniquità come   i propri errori e trovino forme di interazione orientate al
                C’fenomeni naturali, o peggio ancora, colpe di coloro   bene comune. Mentre gli uni si affannano solo per l’utile
                che ne sono vittime. È il caso della miseria e della povertà,   economico e gli altri sono ossessionati solo dal conservare
                come anche delle forme di esclusione e disuguaglianza che   o accrescere il potere, quello che ci resta sono guerre o
                affliggono il mondo del lavoro: la disoccupazione in primo   accordi ambigui dove ciò che meno interessa alle due parti è
                luogo, ma subito dopo le disuguaglianze di genere in materia   preservare l’ambiente e avere cura dei più deboli. Anche qui
                retributiva o di opportunità di carriera. La logica è la stessa, e   vale il principio che “l’unità è superiore al conflitto”.
                sempre uguale è il risultato: anestetizzare le nostre coscienze
                abituandole a ciò che invece dovrebbe produrre interrogativi.
                Una volta “naturalizzate”, le ingiustizie smettono di spingerci
                ad agire per il cambiamento.
                Un altro valore che in realtà è un disvalore è la tanto osannata
                “meritocrazia”. Essa affascina molto perché usa una parola
                bella: il “merito”; ma siccome la strumentalizza e la usa in
                modo ideologico, la snatura e la perverte. La meritocrazia, sta
                diventando una legittimazione etica della diseguaglianza.
                Una seconda conseguenza della cosiddetta “meritocrazia”
                è il cambiamento della cultura della povertà. Il povero è
                considerato un demeritevole e quindi un colpevole. E se la
                povertà è colpa del povero, i ricchi sono esonerati dal fare
                qualcosa.
                È necessario “de-naturalizzare” la povertà e smettere di
                considerarla come un dato della realtà tra i tanti. Perché la
                miseria ha un volto. Ha il volto di un bambino, ha il volto di
                una famiglia, ha il volto di giovani e anziani. Ha il volto della
                mancanza di opportunità e di lavoro di tante persone, ha
                il volto delle migrazioni forzate, delle case abbandonate
                o distrutte. Non possiamo “naturalizzare” la fame di tante
                persone; non ci è lecito dire che la loro situazione è frutto di


               Mediterraneo e dintorni - 84
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