*di Bianca Sestini*
In un bosco di querce di circa sette ettari l’arte ha preso il posto di un allevamento di cinghiali. Quella del Parco Sculture del Chianti di Pievasciata, in provincia di Siena, è una storia in cui la Toscana si contamina di internazionale, grazie a un progetto ambizioso e affascinante. A fare da trait d’union fra il prima e il dopo, il recinto che tuttora circonda l’area. All’interno di questa superficie Piero Giadrossi, il fondatore del Parco, ha fatto tracciare il sentiero di un chilometro che guida la passeggiata dei visitatori alla scoperta di una mostra permanente di installazioni e sculture contemporanee.
L’inaugurazione, a maggio 2004, è stata il primo traguardo di un cammino iniziato alcuni anni indietro in New Jersey, Stati Uniti. Là Giadrossi ha frequentato un seminario dell’International Sculpture Center per testare la fattibilità della sua idea. L’integrazione tra opere d’arte e natura doveva essere al centro del Parco Sculture del Chianti. È stato così che la creatività di artisti provenienti da vari Paesi del mondo ha cominciato ad abitare il bosco al pari di rami, tronchi e radici. Ciascuno degli interpreti ha scelto personalmente il luogo che avrebbe ospitato il suo lavoro, concependolo in rapporto diretto con una certa porzione di roccia, un albero, una radura a lato del sentiero. Una sorta di protocollo artistico che oggi dimostra di premiare in termini di efficacia comunicativa e aggancia il pubblico fin dal principio del tour.
Il percorso si snoda secondo un anello allungato, lungo il quale sono posizionate una trentina di opere. Nel ricco assortimento di materiali impiegati marmo, granito, lava vulcanica ricorrono sia per ragioni estetiche che di attinenza con il territorio senese. Poco distante dal cancello d’ingresso l’Anfiteatro, con le sue quinte di roccia bianca e nera al termine di una lieve discesa naturale, introduce da subito questo motivo. Le sagome di Alfred Hitchcock, Federico Fellini, Charlie Chaplin, Stanlio e Ollio, sedute sul palcoscenico e sui gradoni, evocano gli spettatori delle serate musicali che animano il cartellone degli eventi del Parco durante l’estate.
Anche il vetro è una presenza frequente da queste parti, per via dei giochi di luce in cui gli artisti hanno deciso di canalizzare i raggi del sole, sfruttando spiazzi privi di piante e posizioni sopraelevate. È il caso di Energy, un vortice brillante proteso verso il cielo con i suoi otto metri di altezza. La medesima intuizione ispira il connubio di vetro e granito di Balance e le sinuosità di The Labyrinth, una delle opere più popolari del Parco. Riadattato sul disegno di un labirinto inciso su roccia rinvenuto in Val Camonica, al suo interno il visitatore segue le curve di un esagono turchese in una metaforica ricerca del proprio sé.
Ci sono creazioni che intrattengono una corrispondenza più potente di altre con lo spazio che le accoglie. Rientra fra queste Harmonic Divergence, di fronte alla quercia a cinque tronchi che si erge in parallelo, sul lato opposto della stradina. Una V di granito sardo in cui i due blocchi sono tenuti insieme da cavi d’acciaio trasmette la sensazione di un equilibrio artificiale e precario, raffigurazione plastica della forza di gravità che, implacabile, divide e allontana. Il muschio ha preso dimora sulle superfici scure di The Keel, inducendo la suggestione di osservare un manto di alghe terrestri aggrappate allo scheletro di una nave.
Chi l’ha abbandonata in mezzo alla vegetazione? Com’è arrivata lì? Sono le stesse domande che ci si pone davanti a Dialogue, prima di sdraiarsi sul poligono in travertino adagiato su una marcata pendenza del bosco o sulla piattaforma più piccola antistante, di marmo bianco e verde. Chi è pronto a cogliere l’invito dell’artista potrà godere di una prospettiva differente dal solito, tanto semplice quanto suggestiva, contemplando il pezzo di azzurro che gli alberi lasciano intravedere. Il bosco sfocia nello specchio senza confini del cielo, in una comunione universale con la natura. Un Chianti fuori dalle rotte turistiche più battute, per il viaggiatore che non ha perso la voglia di stupirsi.