di Enea Rotella
Sulla parte alta del Palazzo della Civiltà Italiana che si trova a Roma, zona EUR, in riferimento agli italiani vi è scolpito: «Un popolo di poeti di artisti di eroi / di santi di pensatori di scienziati / di navigatori di trasmigratori». In merito ai navigatori, intorno all’VIII secolo a.C., i più abili erano i greci. Affrontavano il mare con una dose di coraggio e temerarietà, senza mappe e strumentazione necessaria all’orientamento ma con solo una profonda conoscenza dei mari, del vento e del mezzo di imbarcazione a vela. Nozioni tramandate da padre in figlio, da costa a costa, dalla Grecia fino alla Magna Grecia. I più abili navigatori giungevano quindi nell’Italia meridionale dando vita a vari centri urbani: Rhegion (Reggio Calabria), Sybaris (Sibari), Kroton (Crotone) e Lokroi (Locri).
Queste terre subirono un’accelerata evolutiva improvvisa, centri che furono creati distanti da loro affinché le polis non entrassero in guerra tra di loro. Le colonie erano ben strutturate, ricche anche sotto l’aspetto culturale e ben presto superarono i modelli greci, e difatti il meridione italiano venne definito la Magna Grecia. Ma questa utopia di creare polis distanti per evitare che entrassero in guerra tra di loro ben presto sfiorì. La rivalità tra Crotone e Sibari segnò la decadenza di questi territori. La prima città era molto famosa per le sue campagne fertili così come per il clima, le donne e la forza degli uomini. Fra tutti Milone, che ottenne più medaglie rispetto agli atleti delle altre città nei giochi olimpici. Sibari, che era ricca grazie alle miniere site a Longobucco e al commercio, dai greci era vista con amore particolare. Attraversavano i mari con tutti i rischi che ne comportava pur di visitarla o per portare arte e cultura. Ben presto Sibari divenne centro di lussi e comodità, tanto che si narra che i galli non potevano essere tenuti in città perché, con il loro canto, svegliavano gli abitanti. Divenne una colonia figlia dei suoi vizi, con gli schiavi che portavano avanti i lavori più duri. Quando Sibari si accorse che Crotone stava emergendo con forza, era ormai troppo tardi. Si racconta che da quest’ultima città partirono oltre centomila soldati guidati da Milone, mentre Sibari schierò addirittura trecentomila uomini. Naturalmente i numeri non rispecchiano la realtà ma danno un senso del forte scontro in guerra. Siamo intorno al 510 a.C., Sybaris fu circondata, occupata, per poi essere rasa al suolo. Fu anche deviato il corso del fiume Crati affinché si portasse via tutto ciò che era rimasto. Ma oltre i resti di una città distrutta, il fiume portò via con sé l’idea dei Greci di costruire le polis lontane tra loro per evitare spargimenti di sangue e sete di conquista.
Crotone continuò a splendere, ma ben presto conobbe il sapore amaro della sconfitta: la città di Locri nel 388 a.C. prima la sconfisse e poi la occupò per molti anni. Ma nessuno poteva immaginare che, non troppo lontano, Roma sarebbe diventata caput mundi conquistando metro dopo metro tutta l’Italia meridionale.