*di Giovanni Laganà*
Capita, non di rado, che qualcuno mi chieda quale sia il sito o il soggetto che, nel tempo, mi abbia più colpito e rimasto nell’anima. La risposta non è facilmente determinabile in quanto ogni immersione, anche quella apparentemente più banale, lascia sempre il segno scolpito nella mia mente sotto forma di emozioni spesso irripetibili. Quando sono in acqua è come se mi compenetrassi con l’elemento liquido che mi circuisce, sospeso al di là del tempo e dello spazio, sempre con la segreta speranza di un incontro inaspettato che possa rendere, quello, un momento indimenticabile. Non sono solito conservare tutto ciò nel fondo della mia memoria sotto forma di ricordi, ma cerco di catturare la magia di quei momenti attraverso gli strumenti che li cristallizzano senza tempo per chi ha voglia e pazienza di leggere, o ascoltare.
Nei racconti e negli scatti vuole esser viva, senza immaginazione, la traccia di visioni sublimi, di scenari ed ambienti da sogno che non tutti possono ammirare o comprendere e che rimangono indelebili in coloro che hanno la fortuna di essere lì in quel preciso istante. Ed allora, tornando all’inizio dell’articolo, qual è il sito che più mi è rimasto dentro? Beh, considerato che l’età avanza inesorabilmente e, per questo, la memoria diventa sempre più corta provo a dire: “L’ultimo. L’ultimo esplorato è il sito che più mi ha segnato!”. Con questa perentoria affermazione rischierei tuttavia di distruggere la mia filosofia di subacquea consapevole, facendo nel contempo torto incommensurabile all’ultima immersione dell’anno che, nel momento in cui scrivo, è proprio l’ultimo ricordo del mio blu.
Ma è la verità alla quale mi sento moralmente obbligato e per la quale sono stato peraltro costretto a rinunciare al primo brindisi virtuale organizzato dalla redazione di Med: insomma verrebbe meno anche una giustificazione importante. Siamo al 30 dicembre, dopo giorni di pioggia, mareggiate e temperature rigide, l’alta pressione atlantica ha spazzato via anche ogni residuale perplessità e Vincenzo Campanella, titolare del prestigioso Diving Center Jonio Pro Dive di Catania, mi chiama al telefono. Strano, “a lui piace di più il w’app” penso leggendo il suo nome sul mio smartphone, “c’è qualcosa di importante che dovrà dirmi” immagino senza tuttavia mai pensare al sito di cui, per tanto tempo, mi aveva parlato durante i nostri momenti di pianificazione trascorsi al Diving. Già, perché sono quelli i frangenti di tempo durante i quali provi a trasformare i desideri in realtà che per un innamorato fotosub si traducono in immagini e sensazioni da riportare in superficie.
“Per domani ho messo sotto carica gli scooter” mi dice “facciamo un’esplorativa di fine anno senza troppa gente e se la visibilità ce lo consente proviamo ad arrivare lì, alle Pennatule …”. Sì, proprio alle Pennatule: le meravigliose ed alquanto rare “piume del mare” così battezzate per via del loro aspetto del tutto simile a una penna d’uccello. La Pennatula è un ottocorallo a forma di alberello fissato al fondo in maniera non definitiva e capace di movimenti molto lenti e graduali con un “tronco” centrale e una serie di “rami” laterali detti lamine. Organismo composito, è formato da più polipi diversi, ognuno con una precisa funzione. Quello che più attrae è lo stelo, dal color salmone, che rappresenta il polipo principale in quanto sostiene l’intera colonia e dal quale hanno origine i polipi secondari, contraddistinti da un bianco candido, muniti di tentacoli per la cattura del cibo.
Ma torniamo al racconto.
Vincenzo non è persona che dice una cosa e ne pensa un’altra e probabilmente sarà soprattutto per questa sua riconosciuta professionalità che è riuscito a creare una struttura di altissimo livello oramai riconosciuta dalla comunità subacquea non solo siciliana. In realtà, l’aver messo sotto carica gli scooter subacquei, che consentono di coprire distanze rilevanti con facilità, significava qualcosa: quel tanto che basta per lasciare il letto di buon mattino senza che la sveglia potesse disturbare l’avanzare dell’alba che finalmente si presenta ai miei occhi attraverso i colori propri delle giornate di grazia. Al Diving gli scooter sono già sul bordo della scogliera ed è soltanto il tempo della vestizione e del briefing, associato a quello di preparazione della fotocamera, a separarci dall’entrata in acqua. Non prevedendo soste intermedie, a parte una prova estemporanea dei flash al Cerianto di quota 38, la navigazione, considerato l’aiuto motorizzato, procede spedita fino al banco di sabbia dei 45 mt.
E’ lì che le torce del team iniziano a richiamare la mia attenzione ed è in quell’istante che comprendo come “le piume del mare” non si concentrano su un unico soggetto ma attraggono in maniera fluorescente da più parti. Disposte in conformazione quasi “orchestrale” assieme a qualche colorato crinoide, la loro peculiarità, in quel contesto, è quella di essere tante in poco spazio dove ciò che è raro nel Mediterraneo, sembra addirittura comune! Luminose, delicate e sinuose, le avevo solo apprezzate su qualche immagine tratta dal web ma mai fotografate. I miei compagni di viaggio mi lasciano campo libero ed ho solo l’imbarazzo della scelta nell’individuare i soggetti più attraenti nel lasso di tempo consentito. E’ tempo di ritorno ma gli scatti sono sufficienti per poter approfondire gli studi ed immaginare, già durante la deco e guardando il monitor, la futura denominazione del sito fino a quel momento inesplorato.
Vorrei non esagerare ma azzardo con ottimismo: Eden delle Pennatule.
Sì, mi piace.