di Luigi Polillo
L’anima e la visione.
50 anni di ricerca artistica e progettazione grafica di Pino Pingitore
L’esposizione di carattere retrospettivo fa luce sulla ricerca condotta nel tempo da Pino Pingitore dal 1969 ad oggi, quando il maestro si dedicava all’indagine e all’arte di strada (1970) a Catanzaro, maturando esperienze di notevole importanza che si inserirono nella storia dell’arte del territorio. In quegli anni le varie forme di espressioni artistiche hanno indotto l’artista stesso a vivere una forma militante e poliedrica inerente alle diverse tematiche sociali.Vengono esposte opere caratterizzanti ogni periodo artistico, pensate in modo cronologico; differente l’esposizione grafica nella sala sotterranea, dove si dà valenza alla rigorosità tecnica e alla creatività del disegnatore, mettendo in mostra i maggiori marchi aziendali realizzati negli anni e le opere di graphic design. In un quadro analitico possiamo affermare che l’artista in questione, maggiormente con la sua ultima produzione “Astratti fluidi”, si inserisce nei nuovi linguaggi estetici che scaturiscono dall’unicità e da una raffinata eleganza. Pino Pingitore affina sempre più la sua ricerca indotta dalla necessità di riscoprire le proprie radici, mettendo in discussione, attraverso le sue opere, idee e forme inserendosi pienamente nella dialettica delle Neoavanguardie sviluppatesi in Calabria e oltre confine. Dai primi anni Ottanta sperimenta una pittura potente, legata al gesto e all’irruenza, distogliendo temporaneamente l’attenzione dalle geometrie e propagandosi in una pittura di ribellione, in cui il segno diventa l’elemento espressivo e dialettico dell’opera, la quale è decisamente informale. Si riconosce in Pingitore una profonda coscienza e l’opera che mette in atto è quella che più gli freme nell’animo; attraverso l’esteriorità invade e avvolge l’intimo del profano, iniziando, intorno agli anni Novanta una produzione denominata “Scrigni”. L’affermazione di una cultura moderna, dunque, offre all’artista una linfa vitale dalla quale trae stimolo; si racchiude in questa produzione tutta la filosofia dell’uomo dove la condizione dell’essere si confronta con l’architettura della mente, una poetica romantica nella contemporaneità; l’autore lascia totale libertà all’interpretazione personale di simboli figurativi legati ad un’antica tradizione, il colore e il segno assumono una “forza evocativa”.
Negli anni 2000 la nascita degli astratti fluidi. Osservando un astratto fluido, la percezione del reale viene reversibilmente diretta su una fluttuante percezione cromatica, dove il goditore rimane coinvolto nell’interiorità dei propri sentimenti. Le opere si inseriscono in una rivoluzione identitaria della società e dell’arte contemporanea, connessa appunto ai nuovi mezzi di comunicazione di massa. In una chiave di lettura attuale, non si può non riconoscere un aspetto poliedrico di Pino Pingitore, considerando l’ampia produzione dove l’incessante ricerca lo indirizza a strumentalizzare il “PC” secondo le sue esigenze e ad affermarsi nei tempi odierni con un linguaggio autentico, innovativo, in cui l’astrazione rimane l’elemento portante.
Un’anima tra il razionale e l’irrazionale. Secondo la filosofia platonica, l’anima veniva paragonata ad una “biga trainata da cavalli alati” composta da tre elementi, un’auriga che costituiva l’elemento razionale, e due cavalli, elementi irrazionali, uno bianco, che rappresentava le passioni spirituali più elevate e sublimi, e uno nero che si ribellava alle stringhe del condottiero, rappresentando le passioni più infime e basse, legate alla corporeità umana. Ed è così che metaforicamente riconosco nell’operato di Pingitore una continua ricerca incentrata da un lato sulla razionalità ossia sull’elaborazione tecnica, e dall’altra sull’irrazionalità, ossia sulla sperimentazione pittorica “libera da ogni dogma”, in continua evoluzione temporale. Ogni uomo attraverso l’arte, viene sedotto dalla bellezza e incitato ad esprimersi: tutto questo ha sempre caratterizzato le basi della “funzione dell’arte”, che si evolveranno in funzioni trasferenziali, estetiche, comunicative, emozionali, provocatrici… a tal proposito Gadamer nel suo testo Verità e metodo del 1960, prende in oggetto il problema della “verità nell’arte”, scrivendo: “La bellezza viene colta solo da colui che già prima ha ben fondato il suo interesse per ciò che è moralmente buono”.