*di Bianca Sestini*
Il belvedere di Castelmuzio è una festa per gli occhi. Nelle giornate di cielo terso, chi sosta nei pressi della ringhiera o seduto ai tavolini della terrazza può ammirare sia la Valdichiana che la Val d’Orcia fino all’orizzonte. Spesso il suono del vento si fa sentire su questo affaccio. È uno di quei dettagli che potrebbe non essere cambiato dal tempo degli Etruschi, l’epoca a cui risalgono le prime testimonianze storiche di un insediamento. Montepulciano dista una trentina di minuti d’auto da qua, Pienza solo un quarto d’ora.
Il paesino attuale è un dedalo di archi e vicoli che si insinuano fra gli edifici. I “castellini” hanno disposto piante e fiori lungo le pareti esterne delle case – quasi tutte di pietra – e lasciato crescere l’edera per inverdirle. Un paio di giardini interrompono la sequenza ripetuta di usci e scalette; le sommità degli alberi più alti fanno capolino sopra i muri bruno-rossicci dei cortili.
Come se esistesse un patto non scritto tra passato e presente, i luoghi più vitali di Castelmuzio hanno dimora nelle architetture più antiche del borgo. Nella casa torre di Palazzo Fratini, una volta sede del giudice e del municipio, c’è un albergo-ristorante a conduzione familiare. Pochi passi lo separano dalla Confraternita della SS. Trinità e di San Bernardino, che oggi apre le porte ai visitatori del Museo d’Arte Sacra anziché a bisognosi e pellegrini della Via Francigena. Proprio a San Bernardino da Siena, assiduo predicatore da queste parti, la tradizione ha attribuito l’abitudine di riposare su una pietra nelle vicinanze del centro abitato. Una porzione di quel grande masso è inserita nel monumento ai caduti che precede la porta d’accesso al paese.
Castelmuzio potrebbe sembrare una deliziosa meta toscana fra tante, il classico borgo medievale risparmiato finora dal turismo di massa. Servizi come la farmacia, il tabaccaio e l’ufficio postale mancano all’appello nel suo minuscolo perimetro; eppure passeggiarci dentro permette di cogliere con quanta premura qualsiasi cosa qui venga preservata. Dagli ingressi privati ai chiostri alle maniglie dei portoni e alle insegne, tutto è curato prima per il piacere degli abitanti che per quello degli ospiti.
Ecco perché la terrazza sulla campagna, oltre che set gettonatissimo per scatti instagrammabili, rappresenta un simbolo fondamentale di rinascita per la comunità. C’è stato un periodo in cui il paese ha imboccato la china dello spopolamento. Il progetto Castelmuzio Borgo Salotto ha portato una svolta nella micro-crisi demografica, nel segno dell’accoglienza e della condivisione. L’associazione omonima che ha promosso l’iniziativa è animata da un gruppo di donne, non sempre autoctone ma tutte innamorate di questa località. Sono state loro a spingere amministrazione comunale di Trequanda, imprenditori, associazioni e cittadinanza a contribuire con risorse o lavoro all’opera di restyling urbano.
I nomi dei principali benefattori sono indicati sulle targhe bianche e blu inchiodate al muretto a sinistra della loggia, sopra la piccola libreria incassata nella parete. C’è chi ha fornito gli ulivi e i fiori, chi i vasi, chi le postazioni internet per il free Wi-Fi… Una sfida all’apatia sul terreno della partecipazione, una scommessa contro il degrado e il vandalismo che si rinnova dal 2015. Dal lato opposto del centro abitato rispetto al belvedere c’è addirittura un “bagno salotto”, un wc pubblico rivestito da mosaici e graziosamente arredato.
Merito di questa rete virtuosa di soggetti sono anche gli eventi che accendono specialmente l’estate e l’inizio di autunno a Castelmuzio. La Festa dell’Olio Novo è la manifestazione clou di un calendario variegato di appuntamenti, dedicati a libri, musica, cinema. Quando la bellezza diventa strumento di valorizzazione sociale, ogni miracolo è possibile.