di Angela Ippolito
Hipponion, al secolo Vibo Valentia, fu cosi chiamata dai Greci Jonici di Locri-Epizefiri tra il VI e il VII secolo a.C. forse perché la sua posizione geografica ricorda, ancora oggi, una splendida sella di cavallo. Tuttavia, coesistono molte altre interpretazioni che giustificano la scelta di tale denominazione. Indiscussa invece, è la sua straordinaria rilevanza nella gestione dell’agiata Magna Grecia, che la vede protagonista pregnante e strategica di importanti battaglie, una fra tutte quella al fianco di Locri e Medma contro la potente Crotone.
Col tempo è stata oggetto di desiderio da parte di innumerevoli regnanti, sino a divenire per i Romani l’attuale Vibo Valentia, nome tornato in auge solo durante il periodo fascista. Nonostante le molte vicissitudini l’abbiano attraversata e segnata, la grandeur della colonia magno-greca, mai sottomessa ma sempre “collega”, si può ancora fortunatamente ammirare ed evincere grazie all’imponente castello normanno-svevo che la signoreggia e sorveglia. Il vecchio maniero sorge difatti nell’antica acropoli di Hipponion ma Ruggero il Normanno, che tanto amò questi lidi, lo volle ampliare e fortificare. Molteplici ruoli gli furono attribuiti nel corso dei secoli, ma oggi è l’onorata sede del Museo Archeologico di Vibo-Valentia e vanta il maiestatico compito di custodire la preziosa laminetta orfica in oro, risalente al IV Sec. a.C.
Oltre all’effettivo valore del prestigioso tesoro rappresentato, la laminetta testimonia che fossero ivi già radicati culti di natura misterica, forse anche prima dell’arrivo degli Elleni: l’Orfismo. Si tratta di una dottrina religiosa che si nutre di filosofia e che rappresenta un interessante punto di partenza per il pensiero moderno, oltre che una vera svolta per il pensiero antico. In particolare, costituisce un trait d’union con il Platonismo e più ancora con il Pitagorismo. Potremmo dunque asserire che l’Orfismo è la religione dei Pitagorici, i quali sposano l’idea di salvezza del proprio animo attraverso il sottrarsi al ciclo della rinascita corporea. I pensieri orfici che annoverano Mnemosine (madre di tutte le Muse, capace di liberare dall’oblio), accompagnano l’iniziato nell’aldilà per mezzo di un rito ascetico che lo guida scientemente ai misteri. La fresca acqua del lago di Mnemosine purificherà l’anima di coloro che non rimpiangeranno l’esperienza terrena e il cielo sidereo, confortevole abito del cosmo infinito; le permetterà di divincolarsi facilmente dalla dimensione ctonia (nella mitologia classica è l’attributo di divinità sotterranee il cui culto o mito era collegato con la vita terrestre o sotterranea), rendendola perciò eterna. L’Orfismo non regala una visione escatologica, ma dona la beatitudine spirituale che prescinde dal soggiorno finale, dalla vicinanza dei Numi e quindi dalla loro protezione.
È la mera esigenza dell’esperienza. È la necessità della coscienza e dell’origine. Il sapere è il ricordare.
Questi mistici segreti contenuti in qualche centimetro quadro in oro, mostrano la modernità di una gloriosa antichità e trascinano in silenzio e sino a noi, ulteriore lustro ai fieri natali di un territorio. Siamo di fronte ad un unicum: ripiegata su stessa per quattro volte, è perfettamente integra. Ritrovata sul petto di una nobile fanciulla, nella vicina necropoli della città, permette anche a noi di oltrepassare la soglia del contingente. Questo lo si deve anche in buona parte alla suggestiva locazione e atmosfera che il Museo le ha degnamente riservato: una scala a chiocciola ci conduce alla preziosa teca, una dolce voce ci accompagna in un’altra dimensione leggendoci lo straordinario contenuto, una soffusa ed elegante luce ci consente di vedere un mondo così stranamente prossimo e di accogliere il migliore dei viatici per attendere alla luce.
Di Mnemosine è questo sepolcro. Quando ti toccherà di morire
andrai alle case ben costrutte di Ade: c’è alla destra una fonte,
e accanto a essa un bianco cipresso diritto;
là scendendo si raffreddano le anime dei morti.
A questa fonte non andare neppure troppo vicino;
ma di fronte troverai fredda acqua che scorre
dalla palude di Mnemosine, e sopra stanno i custodi,
che ti chiederanno nel loro denso cuore
cosa vai cercando nelle tenebre di Ade rovinoso.
Dì loro: sono figlio della Greve e di Cielo stellante,
sono riarso di sete e muoio; ma date, subito,
fredda acqua che scorre dalla palude di Mnemosine.
E davvero ti mostreranno benevolenza per volere del re di sotto terra;
e davvero ti lasceranno bere dalla palude di Mnemosine;
e infine farai molta strada, per la sacra via che percorrono
gloriosi anche gli altri iniziati e posseduti da Dioniso
Testo originale:
Μναμοσύνας τόδεἔργον. ἐπεὶἂνμέλληισι θανεῖσται
εἰςἈίδαο δόμουςεὐήρεας• ἔστ’ ἐπὶ δ<ε>ξιὰκρήνα,
πὰρ δ’αὐτὰνἑστακῦα λευκὰκυπάρισσος•
ἔνθα κατερχόμεναι ψυ(χ)αὶ νεκύωνψύχονται.
ταύτας τᾶςκράνας μηδὲσχεδὸνἐγγύθενἔλθηις•
πρόσθενδὲhεὑρήσειςτᾶςΜναμοσύνας ἀπὸ λίμνας
ψυχρὸνὕδωρ προρέον• φύλακες δὲ ἐπύπερθεν ἔασι,
hοἳδέσεεἰρήσονται ἐνφρασὶ πευκαλίμαισι
ὅττιδὴἐξερέειςἌιδοςσκότουςὀλοέεντος.
εἶπον• ὓός Βαρέας καὶ Οὐρανοῦ ἀστερόεντος,
δίψαι δ’ εἰμ’ αὖος καὶ ἀπόλλυμαι• ἀλλὰδότ’ ὦ[κα]
ψυχρὸνὕδωρ π[ρο]ρέοντῆςΜνημοσύνης ἀπὸ λίμ[νης].
καὶ δήτοιἐρέουσινhὑπο χθονίωι βασιλεί[αι].
καὶ δήτοιδώσουσι πιεῖντᾶςΜναμοσύνας λίμνας•
καὶ δὴ καὶ σὺχνὸνhὁδὸνἔρχεα<ι>hἅντε καὶ ἄλλοι
μύσται καὶ βά(κ)χοιhἱερὰνστείχουσικλεινοί.