di Egidio Chiarella
Ci sono delle date che immortalano pagine belle, durature e di progresso capaci di rafforzare e guidare l’uomo per gli anni a venire. È in questa direzione che s’iscrive “La dichiarazione universale dei diritti dell’uomo” approvata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 10 dicembre 1948. Lo sfondo è quello della seconda guerra mondiale con le sue atroci vicende; i suoi morti; i suoi dolori; le sue rotture con la dignità e la libertà delle persone; con i suoi sessanta milioni di morti, di cui oltre il cinquanta per cento civili; con i suoi campi di sterminio di cui Auschwitz rimane oggi il simbolo del disonore umano. Su cinquantotto Paesi presenti al voto in Assemblea quarantotto votarono a favore e dieci di essi si astennero; solo due Stati non parteciparono al voto: Yemen e Honduras, ma nessuno si è espresso contro. Si tratta di un rilevante passo in avanti nel campo del riconoscimento dei diritti naturali dell’uomo che rafforza le basi di una democrazia mondiale, sempre bisognevole di essere alimentata e supportata per non ricadere nel burrone delle ingiustizie più crudeli. Il rischio è la perdita dell’energia oggettiva sociale e politica in un mondo troppo spesso sbilanciato verso il non rispetto di alcuni diritti primari. Un atto istituzionale così unico per i destini del mondo non poteva non avere dei riferimenti nei primi principi etici classico-europei deliberati dal parlamento inglese nel 1689, racchiusi nello storico documento detto“Bill of Rights”; negli articoli della dichiarazione d’indipendenza degli Stati uniti d’America; nella dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino elaborata durante la Rivoluzione francese del 1789. Di quest’ultima in particolare i riferimenti ai diritti civili e politici di ogni singolo individuo sono infatti confluiti in gran parte nella carta delle Nazioni unite.
La dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, così come approvata, consta di trenta articoli e di una premessa includente le sette considerazioni che precedono la struttura socio-politica e giuridica degli stessi articoli, quasi fossero dei “pilastri ontologici” su cui poggiare ogni elemento condiviso. Doveroso a questo punto aprire su di essi uno sguardo d’insieme,anche se sinottico. 1) Riconoscimento della dignità e dei diritti a tutti i membri della famiglia umana, quale caposaldo di pace e di giustizia nel mondo; 2) Godimento della libertà della parola e di credo, nonché della libertà dal timore e dal bisogno, al di fuori del disprezzo dei diritti umani, motivo di offesa profonda alla coscienza umana; 3) Protezione dei diritti sanciti con norme giuridiche per evitare ribellioni contro qualunque tipo di dispotismo; 4) Promozione tra tutte le nazioni di un rapporto amichevole e collaborativo; 5) Riaffermazione negli statuti di tutti gli Stati facenti parte delle Nazioni unite del valore della persona, dei diritti dell’uomo e della donna, di una maggiore libertà e di un miglior tenore di vita; 6) Impegno di fondo degli stati membri a perseguire con costanza il rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali; 7) Presenza di una coscienza comune nell’ambito della giustizia sociale, della libertà, dell’uguaglianza tra gli uomini.
Si capisce da queste considerazioni concordate tra tutti gli Stati interessati il lavoro lungo e insidioso che è stato fatto. Un grande impegno che è servito a dare ad ogni individuo dei riferimenti ontologici e ordinari,stabili e sicuri. Da qui l’avvio di futuri ulteriori passi sul terreno esaltante, ma difficile, della libertà e degli stessi diritti naturali dell’uomo che trovano il primo ceppo comune nelle indicazioni universali dei dieci comandamenti e delle beatitudini. Una composita pagina della storia dell’umanità che va ben interpretata e tutelata. Urge perciò che le scuole infondano nei ragazzi il senso alto di libertà e di amore per il prossimo. I giovani non devono limitarsi a conoscere “la dichiarazione universale dei diritti dell’uomo”, ma la devono interiorizzare, rendendola parte del proprio sentire e della loro straordinaria voglia di costruire un mondo più giusto e migliore. Scrive tra l’altro il presidente della Repubblica Italiana On. Sergio Mattarella: «Il rispetto della dignità della persona non è dovere esclusivo degli Stati, bensì un obbligo che interpella la coscienza di ciascuno».