di Lory Cocconcelli*
Il cruento spettacolo, di origine antichissima, arrestato non dalla compassione umana, ma dalle normative Covid
Sebbene le origini della corrida siano incerte – secondo alcune fonti risalirebbero ai giouchi greci e romani, secondo altre al tempo della dominazione musulmana –, la sua diffusione è senz’altro da attribuire alla Spagna, paese con il quale si identifica fortemente. La corrida è una forma moderna di tauromachia – termine che definiva gli spettacoli dell’antichità, diffusi nel Mediterraneo, durante i quali i bovini combattevano tra loro oppure contro l’uomo. Nel Medioevo questo genere di spettacolo costituì il diletto di cavalieri cristiani e musulmani che rincorrevano i tori per poi trafiggerli a morte davanti alle folle, e poco dopo l’anno Mille, fu un intrattenimento immancabile delle feste solenni. Si ricorda, fra gli altri memorabili momenti, lo spettacolo tauromachico in onore della visita di Filippo il Bello alla città di Barcellona.
Sarà qualche secolo più avanti che gli spettacoli taurini verranno circoscritti ad aree destinate. Fino ad allora saranno realizzati nelle piazze delle città. In Spagna la prima arena dedicata risale al 1711; denominata El Castañar, fu operativa già dal 1667 sebbene fosse strutturalmente differente. Furono quelli gli anni in cui venne fondata la prima scuola di tauromachia a Siviglia, precisamente nel 1670, ufficializzata poi soltanto nel 1830 con regio decreto.
La corrida, come noi la conosciamo oggi, fu messa a punto nel XVIII secolo dal torero spagnolo Francisco Romero, che compì la prima uccisione del toro “a piedi”, cioè senza cavallo, con la bandierina e la spada da lui stesso inventate. Il figlio, che ne seguì le orme, perfezionò lo spettacolo introducendo le “squadre”, ovvero piccoli gruppi di persone, ognuna delle quali con un compito designato. Da allora la corrida conobbe alterne fortune: periodi bui, durante i quali fu proibita, e picchi di grande popolarità.
Diffusione, usi e costumi
Pur essendo tradizionalmente legata alla Spagna, la corrida è diffusa anche in Portogallo, Francia del sud e alcuni paesi dell’America Latina (Perù, Equador, Colombia, Uruguay, Venezuela, Messico – dove si trova la plaza de toros più grande al mondo), con regole simili tra loro, ma non uguali.
In Spagna, a dispetto dei crescenti movimenti animalisti dentro e fuori il paese, è tutelata dalla legge, che la considera un mero “spettacolo pubblico”, e dalla Costituzione, in quanto tradizione del paese. In particolare, la legge 18 del 2013 la definisce “patrimonio culturale di tutti gli spagnoli”. Nel 2017 le Isole Baleari, intenzionate ad abolirla, hanno dovuto ripiegare su un compromesso, ovvero mantenerla in essere ma senza la morte del toro e senza banderillas né spade. Contrarie alla mattanza anche Le Canarie e la Catalogna.
Sebbene sia uno “sport” associato al machismo, esistono anche donne-torero. Tra le più note, la spagnola Cristina Sanchez, che raggiunse la celebrità negli anni ‘90 per poi ritirarsi.
Il toro Il toro che scende nella plaza non è un comune bovino, ma proviene da allevamenti specializzati. Ha un’età compresa tra i 4 e i 6 anni e il suo peso si aggira in media intorno ai 450 chili. Fino al giorno che precede lo spettacolo, conduce una vita serena, pascolando liberamente. Il suo calvario inizia quando, chiuso in uno spazio ristretto, al buio, viene percosso e purgato ripetutamente. Senza scendere in ulteriori dettagli, che saranno anche “patrimonio culturale di tutti gli spagnoli”, ma certamente danno luogo a scene di rara crudeltà, gli viene riservato un trattamento che lo introdurrà nella plaza annebbiato, impaurito e sofferente.
La corrida Lo spettacolo si apre con la sfilata di due araldi a cavallo, tre matadores (toreri) e le loro rispettive cuadrillas (squadre). Ogni cuadrilla è composta da due picadores a cavallo, tre banderilleros e da coloro che rimuoveranno il corpo del toro a intrattenimento finito. La corrida si compone di tre atti chiamati tercios. Di solito, durante ogni spettacolo vengono uccisi sei tori, due per ogni torero.
Atto Primo Nell’arena rimane una sola cuadrilla. Il toro vi fa ingresso con un arpione conficcato nel dorso. Il matador inizia a toreare utilizzando il capote (un ampio manto). Poi è il turno dei due picadores a cavallo, il cui compito è quello di affondare delle lance nella schiena dell’animale, in modo da lesionargli i muscoli del collo e delle spalle e rendergli difficoltoso alzare la testa.
Atto secondo Ora tocca ai banderillos, che gli conficcano nel dorso tre paia di “bandierine”, ovvero arpioni con drappi colorati, che lo fiaccheranno ulteriormente.
Atto terzo Ritorna in scena il torero, pronto a compiere l’esecuzione con una spada che, entrando dalle scapole, andrà a trapassare il cuore del toro. Il matador è dotato di capote, muleta (un piccolo manto rosso, colore che non eccita affatto il toro, come vuole l’immaginario collettivo) ed estoque (uno spadino di 88 centimetri). Nell’ultima parte della corrida, deposto il capote, il torero prende muleta ed estoque, finalizzando ogni suo movimento alla ricerca del punto esatto in cui colpire. Di rado un solo tentativo è sufficiente. Dopo qualche affondo di spada, a volte accade che il toro agonizzante rovini a terra. In questo caso viene finito da un banderillos, con un pugnale che va a sezionargli il midollo spinale.
La tauromachia è l’ultimo sacrificio cruento della modernità. Dietro il fascino illusorio della plaza in fermento e dei movimenti eleganti del torero, c’è la spettacolarizzazione del supplizio di un animale costretto a una lotta impari. Oggi la corrida è stata arrestata, non da una scintilla di compassione dell’uomo ma dalla pandemia di Covid-19.
* Nata a Reggio Emilia nel 1968, da un decennio vive nell’Africa nera per diversi mesi all’anno. Ha scritto il saggio“Africa – magia nera, sortilegi, streghe e guaritori”edito da EEE, nel 2014, e pubblicato il libro di racconti “Obscura -15 racconti dall’Africa nera”, nel 2017. Collabora con siti umanisti e riviste online.
E questo sarebbe divertimento…magari portare i figli allo spettacolo
Infatti, nessuno ha parlato di “spettacolo”. L’articolo infatti tende a prendere distanza da questa pratica tant’è che il titolo parla di “tragedia”
La corrida, l’uccisione dei cuccioli di foche bianche al polo, solo per sport e chissà quanti altri ve ne sono in tutto il mondo, devono essere fermati. Mangiamo carne per necessità, d’altronde siamo onnivori, ma il disonore non deve appartenerci, c’è dignità e dignità. Ottimo articolo, complimenti.
Grazie! Purtroppo ha perfettamente ragione. Penso anche ai safari in Africa ed all’uccisione di animali quali leoni, elefanti, giraffe ecc solo per puro “divertimento”…