– Giovanni Boano* –
Il problema
Analizzando i post dei vari social network o dei social media di messaggistica, ci si rende subito conto che la gentilezza nel mondo virtuale viene spesso e volentieri ignorata, a volte sembrerebbe per strategia precisa.
La presenza di aggressività e odio nel modo di esprimersi, non solo sui social ma in generale nella comunicazione, peggiora il livello della discussione e crea il rischio che l’aggressività venga considerata normale.
Ci si chiede se si può fare qualcosa per arginare il fenomeno e se qualcuno lo sta già facendo. La risposta fortunatamente è più che positiva!
Il movimento
C’è una galassia di associazioni, gruppi social, sociolinguisti, giornalisti, filosofi, scrittori, ricercatori universitari e formatori, che si impegna per combattere il linguaggio d’odio.
Vox Diritti, l’Osservatorio Italiano sui Diritti, pubblica da 5 anni la Mappa dell’Intolleranza, una fotografia dell’odio via social. Amnesty International Italia ha creato una guida sull’hate speech ed è tra le promotrici della Rete Nazionale per il Contrasto ai Discorsi e ai Fenomeni d’Odio. L’associazione Iosonoqui che fa parte di Imhereinternational, promuove iniziative di counterspeech e lovebombing su facebook e sul web. L’organizzazione no-profit Parole O_Stili promuove i valori espressi nel proprio “Manifesto della comunicazione non ostile”. Autori quali Federico Faloppa, Vera Gheno e Bruno Mastroianni, hanno scritto del fenomeno dell’odio sui social media e su come difendersi da esso.
Gli strumenti
Fortunatamente i grandi autori nell’ambito della filosofia, della psicologia e della linguistica, ci offrono molti strumenti per stemperare il linguaggio aggressivo e d’odio. Tra loro Martin Buber, Paul Grice, Thomas Gordon, Marshall Rosemberg, Paul Watzlawick, Daniel Goleman, Vicktor Frankl. In questo ambito, ne citerò alcuni, cercando di dare dei suggerimenti pratici.
Innanzitutto, va tenuto conto che nella comunicazione virtuale scripta manent in perpetuum: un post può essere fotografato, registrato e condiviso ovunque in pochi secondi. “Sono ciò che posto e condivido” e ciò influisce in maniera permanente sulla reputazione e la credibilità personali o su quelle della mia azienda.
Il Virtuale è reale: tutto ciò che viene scritto in rete ha conseguenze concrete e costruisce o distrugge relazioni reali. Dobbiamo lavorare su noi stessi – prima che sugli altri – e considerare che abbiamo il potere di scegliere la migliore risposta da dare o il silenzio da mantenere in un’interazione virtuale.
Infatti, come scrive Viktor Frankl (1905-1997 neurologo, psichiatra e filosofo austriaco) nel suo Alla ricerca di un significato della vita: “tra lo stimolo e la risposta c’è uno spazio. In quello spazio risiede il potere di scegliere la nostra risposta. Nella nostra risposta c’è la nostra crescita”.
La comunicazione virtuale è una comunicazione deprivata (della parte non verbale e paraverbale) e manca spesso l’empatia. Come ci suggerisce Martin Buber (1878-1965 filosofo, teologo e pedagogista austriaco), bisogna creare con l’altro una relazione “Io-Tu” di vicinanza empatica e considerare l’altro un “Tu” come noi. Allora, anziché un duello, si crea con l’altro un duetto, basato su rispetto, educazione e gentilezza.
Va depotenziato l’odio, non l’hater! Altrimenti, creiamo con l’altro una relazione “Io-Esso” di indifferenza emotiva. La comunicazione si trasforma in una serie di monologhi, dove nessuno ascolta veramente. L’interesse non è più l’argomento, è prevalere con ogni attacco verbale sull’altro, di fronte a un pubblico silenzioso ma comunque presente, da conquistare o da riconquistare in ogni occasione.
Per scongiurare ciò si possono utilizzare delle tecniche di Aikido Comunicativo, ossia far leva sulla aggressività e l’energia dell’altro per stemperare, convogliare, ricanalizzare il linguaggio aggressivo:
1) non farsi agganciare emotivamente, cioè controllare propri ego ed emotività;
2) non replicare subito ma respirare;
3) individuare il bisogno altrui;
4) domandare per comprendere meglio il punto di vista;
5) riepilogare e riformulare le risposte;
6) argomentare.
In questo percorso si possono utilizzare i principi della Comunicazione Non Violenta di Marshall Rosemberg (1934-2015 psicologo americano), in un processo in 4 tappe:
Osservazioni “Quando vedo… sento… leggo”
Sentimenti “Mi sento particolarmente…
Bisogni “Perché ho bisogno di…”
Richieste “Vorrei che tu… saresti disposto a…?”
Ecco alcuni esempi, in ambito lavorativo:
“Quando scrive questo, rimaniamo disorientati, perché lo consideriamo un insulto/un’affermazione generica. Avremmo bisogno di una rappresentazione più specifica dei fatti”;
“Quando usa questo tipo di insulti, ci preoccupiamo molto, perché abbiamo bisogno di essere apprezzati dai nostri clienti”;
“Ciò che dice riguardo al tema ci interessa. Riuscirebbe a tornare sull’argomento, evitando attacchi personali?”;
“Ci piacerebbe continuare il confronto su questo argomento, se si sentisse in grado di farlo, evitando gli attacchi personali. Altrimenti preferiamo chiudere qui questa conversazione e riprenderla quando vorrà riprenderla senza l’uso di insulti”.
*CEO di Hic et Nunc, società di Executive coaching e formazione, fondata nel 2006, che opera a Roma e Milano. Da 18 anni lavora come coach, keynote speaker e formatore per aziende multinazionali. Certificato come Organizational Executive Coach e Master Trainer N.E.W.S.®, ha ricoperto posizioni dirigenziali in K.P.M.G. Advisory e in altre aziende italiane del settore servizi. Fluente in Business English, ha una laurea cum laude in Economia e un Master in Pedagogia dell’Espressione. Email: gboano@hic-et.nunc.it