LA BELLA E LA BESTIA

di Lory cocconcelli – scrittrice

 

LA BELLA E LA BESTIA

LA STORIA VERA. DALLA CORTE DI PARIGI A QUELLA DI PARMA

 

Pedro e Catherine Gonzales, ai quali si ispirò la celebre fiaba de La Bella e la Bestia, vissero tra il XVI e il XVII secolo. Della loro vita molto è stato scritto. Talvolta in modo impreciso, quando fonti e riferimenti storici sono stati ignorati pur di conferire un’atmosfera romanzata e un lieto fine ad una storia singolare che proprio fiabesca non fu.

C’era una volta… La Bestia.  Alla fine del XVI secolo, l’Arcipelago delle Canarie fu sottomesso agli spagnoli che sterminarono gli indigeni e deportarono i sopravvissuti, riducendoli in schiavitù. Tra questi, un ragazzino guanci – un indigeno aborigeno dell’isola di Tenerife – al quale fu dato il nome di Pedro Gonzales. Pedro discendeva da una famiglia di nobili locali; per tale ragione, in Europa gli fu concesso il diritto di fregiarsi del titolo di Don. Ma non era il titolo a contraddistinguere il ragazzo, quanto piuttosto la malattia singolare dalla quale era afflitto, classificata in seguito come ipertricosi, che lo voleva interamente ricoperto di peli ad eccezione della bocca e delle palme delle mani. Assimilato a una creatura per metà umana e per metà animale, fu dato in dono a colui che sarebbe diventato il re di Francia, Enrico II di Valois, e alla consorte Caterina de’ Medici. Poiché all’epoca le corti europee competevano tra loro nella collezione di animali esotici, quel ragazzino di appena dieci anni rappresentava un elemento di prestigio tra belve feroci e pappagalli variopinti.

Era il 1547. Dopo che fu incoronato, Enrico II fece educare il piccolo peloso, che imparò a leggere e a scrivere la lingua latina e quella francese, a tirare di spada, spadone e picca, e a cavalcare. Pedro divenne un nobile perfetto, o quasi, istruito e raffinato. Gli fu affidata una rendita per sovvenire alle sue occorrenze e la carica di sommelier de panneterie-bouche (portare il pane ai dignitari durante i pasti). Sebbene fosse arrivato a corte come una sorta d’attrazione, non fu mai considerato mero oggetto di trastullo al pari di nani, buffoni e storpi. Fu semplicemente il “Selvaggio” o il “Peloso”, non del tutto libero ma caro al re – con le dovute considerazioni per il contesto dell’epoca. Lo dimostra il fatto che alla morte di Enrico II (nel 1559), verso il quale nutrì sempre un debito di riconoscenza, Pedro rimase alla corte del figlio Francesco II. A Parigi, intorno al 1573, si sposò ed ebbe vari figli.  La prima fu Madeleine, alla quale seguirono Henri, Françoise e Antonietta. Tutti “selvaggi”. Presso il Ducato di Parma, dove la famiglia Gonzales si trasferì in seguito, venne alla luce Orazio, anch’egli peloso.

C’era una volta… La Bella. La moglie di Don Pedro si chiamava Catherine, un’avvenente ragazza di origini modeste, al servizio della regina. Diciotto anni lei, circa trentasette il novello sposo. Per Caterina de’ Medici, che aveva l’abitudine di combinare matrimoni, non fu facile pianificare quello del Selvaggio. Secondo la leggenda, Catherine ebbe un mancamento quando le comunicarono a chi avevano deciso di darla in sposa; poi, probabilmente incentivata dall’entità non indifferente della dote promessale, la giovane accettò. Catherine diede a Pedro anche dei figli glabri ma di loro si sa poco e niente: al contrario di quelli pelosi, seppur figli di un gentiluomo, non furono oggetto di interesse alcuno.

La bellezza della ragazza e il forte contrasto con l’aspetto animalesco del marito ispirarono il motivo folklorico della Bella e la Bestia, ma a differenza di ciò che avvenne nella fiaba, Don Pedro non si trasformò mai in un bel principe.

Dalla corte di Parigi a quella di Parma. Nel 1589, con la rovina dei Valois e la morte di Caterina de’ Medici, la famiglia Gonzales fu inviata presso il Ducato di Parma, dove fu alloggiata a Palazzo del Giardino. Ranuccio Farnese, il duca, riconobbe a Don Pedro dignità e rango di gentiluomo, gli accordò protezione e privilegi, a condizione che si esponesse di tanto in tanto per fare bella mostra dei suoi peli. Gonzales accettò ma reclamò un’attività lavorativa, sostenendo di non voler “mangiare il pane a tradimento”. Così fu nominato fattore e si traferì a Collecchio, a 11 chilometri da Parma, dove rimase solo tre anni. Ranuccio Farnese lo richiamò a sé: non voleva privare la sua corte del prestigio di un peloso gentiluomo.

I “mostri” Gonzales. La famiglia Gonzales, per quanto tristemente collegata all’animalità, a quegli scomodi peli dovette un insolito destino fatto sì di umiliazioni ma anche di agi e privilegi.

Antonietta fu data in dono dal duca Ranuccio alla marchesa di Soragna, la quale fece esaminare la bambina dal celebre naturalista Ulisse Aldrovandi. Fu così che “Tognina” finì nel primo capitolo del di lui libro La Monstrorum historia. Della sua vita poco si sa, se non che fu una sorta di animaletto che diede lustro al salotto della dama. Di Madeleine è noto che il duca le comprò una casa a Parma come dono per il suo matrimonio. La ragazza ebbe una figlia, anch’ella afflitta dal male di famiglia, di nome Caterina. Orazio fu preso alle dipendenze del cardinale Edoardo, che gli assegnò un posto come aiutante di camera. Anch’egli si sposò ed ebbe dei figli.

Del primo maschio peloso, che Pedro chiamò Enrico in onore e memoria di Enrico II, si hanno notizie più dettagliate. Nel 1595 fu dato in dono da Ranuccio a un cugino, il cardinale Farnese, che da tempo insisteva per possedere anch’egli un “selvaggio”. Enrico fu così inviato a Roma, e da lì si spostò a Capodimonte, sul lago di Bolsena. Nel 1602 si sposò con una bella ragazza di nome Girolama, che acconsentì al matrimonio unicamente per la dote che le offrì il duca. E questo si sa con certezza poiché la giovane continuò a frequentare, anche dopo il matrimonio, l’amante di sempre. Enrico si ritrovò a rivestire i panni del padre, e per tutti non fu che la Bestia accanto alla Bella. Quando nacque il suo primo figlio, anch’egli peloso, chiese in regalo al duca di poter riunire la famiglia Gonzales a Capodimonte. Così si ricongiunse a Pedro, Catherine e ad alcuni dei suoi fratelli. Enrico si sposò altre tre volte, sempre in seguito a vedovanza e sempre con matrimoni combinati. Gli ultimi due con ragazze molto giovani, la cui volontà (o forse la necessità), a cospetto del pupillo del Farnese, non poté nulla. A Capodimonte, per compiacere il figlio, pur di perdere l’appellativo di “selvaggio”, Pedro rinunciò al titolo di Don. I Gonzales, a quanto risulta dai documenti stilati da quel periodo in avanti, diventarono così i “Pelosi”.

Pedro Gonzales morì intorno al 1618, all’età di circa ottant’anni. Catherine lo seguì nel 1623. Delle loro vite si trova traccia negli archivi nazionali di Parigi, nell’archivio parrocchiale di Capodimonte, di Mantova, di Parma, di Roma, di Viterbo, nella Biblioteca  Apostolica Vaticana e in quella Universitaria di Bologna. La loro discendenza si è persa nei meandri della storia e nulla si sa. Certo è che quella famiglia costituì il primo caso documentato di hypertricosis universalis congenita.

Per tutta la vita Pedro detestò gli sguardi curiosi rivolti alla sua persona e alla sua famiglia, nonché i soprannomi che gli affibbiarono. Godette di agi e privilegi, quelli che furono negati ai suoi conterranei d’oltremare, ma ciò cui aspirò veramente fu la dignità.

Se la storia di Pedro e Catherine fosse poggiata su autentico amore, non ci è dato saperlo. Comunque fosse, ha ispirato una delle fiabe più belle e più note al mondo, diffusa in versioni diverse convergenti in un lieto fine  comune: l’unione di due cuori, quelli della Bella e la Bestia.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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