*di Federico Quaranta*
Le isole sono luoghi di incontro per quanti, navigando, vi approdano da diverse direzioni. Nella storia si è trattato spesso di contatti dolorosi, che hanno portato a guerre, distruzione e sopraffazione. Altre volte gli eventi sono stati fortunati e fruttuosi ed hanno regalato benessere, bellezza e prosperità. E’ ciò che succede quando le parti che vengono in contatto mantengono vivo lo scambio e fertile la comunicazione, e allora la terra circondata dal mare, isolata per definizione, si trasforma in un luogo di incontro di idee e conoscenza, diventa un giardino di civiltà. Così, con un abbraccio, ci accoglie Ischia l’Isola del dialogo.
In principio quest’isola per Omero si chiamava Arime, Virgilio nella sovrapposizione del mito la chiama Inarime, i Greci Pithecusa, successivamente i Romani Enaria, poi con la dominazione spagnola, in particolare quella Borbonica, ecco che diventa Iscla Maior per differenziarla da quella più piccola con la rocca, l’Iscla Minor, da lì Iscla e, infine, Ischia. Tanti nomi, quante le popolazioni che nei suoi porti nel corso dei millenni hanno attraccato lasciando parte della loro cultura e portando via un ricordo indelebile. Ischia è il frutto perfetto di un dialogo dal greco dialogos attraverso la parola.
Il dialogo è lo strumento che abbiamo a disposizione per poter superare i contrasti con l’altro; superare non annullare, perché dialogo non significa cancellare le diversità di vedute, al contrario, permette loro di convivere appellandosi a un valore superiore e condiviso.
Prima del dialogo ci fu lo scontro terrificante, disumano tra Tifeo e Zeus. Il titano voleva restituire il potere a suo padre Cronos spodestato dal re dell’Olimpo e allora ingaggiò una lotta davvero terrificante ma soccombente, perché Zeus lo costrinse prima alla resa e poi lo seppellì sotto una montagna imponente, il monte Epomeo. Tifeo però non morì, bensì rimase sepolto e continuò dalle viscere della terra a manifestare la sua rabbia. Qualcuno fantasioso dice che l’acqua calda che sgorga sulle spiagge di Ischia siano le sue lacrime.
I primi ad accorgersi dell’importanza strategica di quest’isola al centro del Mediterraneo furono i coloni Greci che nel VIII secolo avanti Cristo ne fecero il punto nevralgico per presidiare il mercato del ferro e del rame, proveniente dall’Elba e dal Monte Amiata attraverso i mercanti Etruschi. Era nata Pithecusa, la prima colonia della Magna Grecia, il primo avamposto del pensiero classico in Occidente.
Il fiato di Tifeo, che vi posso assicurare è pestilenziale, altro non è quello che qui chiamano in gergo “fumarola”, il gas incandescente della camera magmatica che trova delle vie di risalita attraverso camini fino in superficie dove incontra l’aria fredda, qui si condensa in vapore acqueo e anidride solforosa e anidride carbonica.
Le terme di Ischia
I coloni Greci di Pithecusa furono i primi a conoscere le proprietà benefiche delle acque provenienti dal sottosuolo. Ma furono i romani a fare delle terme di Ischia un luogo di relax e socialità: tra i vapori infatti si coltivavano le relazioni e il potere, si facevano affari e si tessevano trame. Ischia non è un’isola vulcanica classica, al suo centro troviamo infatti una montagna, il monte Epomeo, quasi 800 metri di altezza che si è formato grazie al sollevamento della crosta terrestre. Ovviamente anche in questo caso il magma e la vulcanologia hanno un ruolo poiché la crosta terrestre si è sollevata a causa della presenza qui, a 2 km di profondità, di una grande camera magmatica. Una camera che migliaia di anni fa si è svuotata a causa di una violentissima eruzione e ha fatto sprofondare parte dell’isola e parte della sua caldera principale. Poi la camera si è riempita nuovamente di magma e proprio la pressione del magma all’interno di questa camera ha portato la crosta a sollevarsi.
Questo territorio difficile, incandescente, ostile, potremmo dire alieno, nasconde un piccolo miracolo, un fiore tropicale: il papiro delle fumarole.
L’osservatorio geofisico di Casamicciola, un luogo in parte abbandonato, comunica ancora con l’istituto Nazionale di Geofisica e di Vulcanologia. Si tratta di un luogo di un’importanza straordinaria soprattutto per quella che è stata la storia della sismologia a livello mondiale. Anche noi mortali al pari di Zeus combattiamo con Cronos, con il tempo. Questo luogo ha registrato per decenni il respiro di Tiseo e i suoi improvvisi “colpi di tosse”. Poi le vicende umane hanno portato abbandono e desolazione. L’acqua della vasca ha continuato a oscillare a ogni minimo movimento della crosta terrestre ma nessuno si è più occupato di prestarle ascolto. Il dialogo per il momento si è interrotto. Eppure in questo osservatorio che oggi appare così desolato e spettrale, pulsa ancora un flebile segnale di vita. Vuol dire che la storia di questo luogo non si è persa per sempre e che presto da qui, probabilmente, si torneranno ad ascoltare le voci della terra.
Tutta quelle genti che nel corso delle epoche hanno raggiunto gli Ischia dal mare, sono rimaste particolarmente colpite dall’effetto cromatico che quest’isola è capace di regalare tanto da meritarsi l’appellativo di “Isola Verde” non per la ricchezza della sua vegetazione, comunque composta da essenze di macchia mediterranea e anche tropicali e alpine, ma per una particolare ossidazione della sua roccia, Il tufo verde, che nel corso dei millenni emergendo dal mare ha assunto questo carattere cromatico davvero appagante.
Le pendici del monte Epomeo sono ricche di blocchi rocciosi si tratta di tufo verde. Il tufo verde è una roccia vulcanica particolarmente friabile perché è formata principalmente da ceneri e da lapilli che sono precipitati durante una gigantesca eruzione vulcanica verso il mare, è proprio il contatto prolungato con l’acqua marina che ha fatto sì che questo tuffo in particolare abbia una colorazione verdognola. è la roccia tipica dell’isola tanto che gli ischitani per secoli ne hanno fatto dei ricoveri di fortuna delle stalle, cantine e addirittura delle case. L’uso però più tipico di questo materiale lo abbiamo nelle parracine. Le parracine sono dei muretti a secco. I muretti a secco, lo sappiamo, sono molto diffusi in tutto il bacino del Mediterraneo, tanto da essere patrimonio immateriale dell’UNESCO. Ciò che li rende particolari sull’isola d’Ischia, tanto da definirne, disegnarne il paesaggio in maniera molto precisa, è appunto la colorazione e il fatto che siano sostituiti non da pietre di tipo calcario ma da pietre di origine vulcanica.