*di Giovanni Laganà*
Trent’anni fa circa, lo Stretto di Messina, soprattutto nella sua propaggine jonica, rappresentava una delle dimore preferite di un pesce straordinariamente intrigante: il cavalluccio marino. E’ stato proprio nel settembre del 1997, nelle acque di Saline Joniche in Calabria, che ho interagito, per la prima volta, con una coppia di Hippocampus (questa la sua denominazione scientifica).
Ero assieme a mia moglie Evelyn e di quel momento custodisco un nitido ricordo, compreso l’intangibile riscontro del batticuore provato nel fotografarlo. Pesce tra i più singolari il cavalluccio, una delle creature più bizzarre che si possano trovare in mare, forse il pesce più affascinante. Lo contraddistingue un aspetto unico e inconfondibile esattamente come il suo stile di vita che lo porta a frequentare fondali poco profondi e più prossimi agli ambienti costieri. Ricercata creatura fin dall’antichità, è stato probabilmente Plinio il Vecchio a descriverlo per primo (23 79 d.C.) attribuendogli il nome di “hippus”, dal quale deriva proprio la sua denominazione attuale. Il nome, che deriva dal greco antico, nasce dalla fusione di Hippos (cavallo) e kampos (mostro di mare). Naturalisti d’altri tempi riferiscono addirittura che la polvere ottenuta dai suoi resti, con l’aggiunta di miele o aceto, veniva usata per la produzione di farmaci miracolosi come cura per le eruzioni cutanee, la calvizie e il morso dei cani idrofobi. Anche Aristotele ne parla nella sua “Riproduzione degli Animali”, probabilmente affascinato dalle particolarità riproduttive di questo singolare ani male.
Per i poeti greci l’Ippocampo era invece una creatura mitica, rappresentata come un cavallo con la parte inferiore a forma di pesce o delfino, mediante la quale gli Dei solcavano i mari in tempesta. Erano infatti quattro Ippocampi, quattro “destrieri del mare” circondati da una scorta di tritoni, sirene e nereidi metà pesci e metà uomini, a trainare il carro di Poseidone in una scena a dir poco grandiosa che parecchi artisti di epoca remota hanno riprodotto in modo coinvolgente, tanto da trascina re l’osservatore in un mondo magico, popolato da forme animali e vegetali poco note o sconosciute, spesso comunque frutto della fantasia. Ma il cavalluccio marino è anche un simbolo apotropaico. In passato piccole immagini di ippocampi erano utilizzate per scacciare il malocchio, tanto che essi si trovano riprodotti in molte pitture come quelle trovate a Pompei, dipinti sui muri esterni delle case per difendere gli inquilini dalla sfortuna o ancora sulle fiancate delle imbarcazioni a tutela dei pescatori e del loro pescato. Transitando dagli aspetti mitologici a quelli naturali, i primi scienziati che studiarono i cavallucci rimasero estremamente colpiti nell’osservare le loro caratteristiche.
La struttura e la forma dei “destrieri del mare” è come se nascesse da un insieme di porzioni di animali diversi: il capo è molto simile a quello di un cavallo, la coda prensile e allungata somiglia a quella di una scimmia, il marsupio di cui sono dotati i maschi ricalca un po’ le sembianze di quello di un canguro e gli occhi sporgenti si muovono indipendentemente l’uno dall’altro ricordando quelli di un camaleonte. In natura esistono almeno 33 specie di cavallucci che vivono tra le aree marine tropicali e temperate del pianeta. Sono pesci di taglia piccola, sottili, col corpo protetto da una serie di anelli e di placche ossee. Il loro corpo è molto compresso ai lati ed è ricco di asperità dovute ai numerosi anelli cutanei, più o meno spinosi a secondo della specie. Degni di nota sono gli occhi, dotati di movimenti indipendenti che consentono di osservare simultaneamente in direzioni diverse. Ma ciò che emoziona di più è tenere il cavalluccio marino delicatamente tra le nude dita della mano, ovvia mente sott’acqua, per apprezzare quella strana sensazione che la coda prensile trasmette quando essa si attorciglia all’indice stringendolo come solo può fare la manina di un bimbo neonato.
Nonostante sembrino timidi e tranquilli, questi pesci sono voracissimi: i giovani sono capaci di mangiare anche dieci ore al giorno, periodo durante il quale riescono a ingurgitare fino a 3000 larve di crostacei superando, a due mesi di età, i cinque centimetri di lunghezza. Per ciò che riguarda la riproduzione, sono i maschi – unici fra gli esseri viventi del pianeta – ad essere responsabili della nascita delle larve ed a mettere al mondo i piccoli. I cavallucci, inoltre, sono in alcuni casi anche monogami, caratteristica unica fra la maggior parte delle specie viventi nel mare.
Il maschio è chiaramente riconoscibile per la presenza del marsupio, mentre la femmina ha un addome piuttosto arrotondato. In primavera, quando l’acqua inizia a salire di temperatura, inizia la stagione degli amori: uniti in coppie che possono rimanere assieme anche per tutta la vita, i cavallucci iniziano a compiere movimenti inusuali e di straordinaria eleganza iniziando a corteggiarsi per poi accoppiandosi dopo alcuni giorni. Al momento del parto il cavalluccio si àncora con la coda a un supporto resistente ed inizia ad espellere i piccoli con contrazioni molto simili a quelle di una partoriente umana. Alla nascita i piccoli ippocampi misurano pochi millimetri e sono totalmente formati: una riproduzione in miniatura dell’adulto. Sarà sempre il maschio a prendersi cura della prole; in media le uova deposte variano in numero da un minimo di 5 a oltre 1200: tutto dipende dalla grandezza dei genitori. Purtroppo tutte le specie di cavallucci esistenti sono catalogate nella Lista Rossa degli Animali a Rischio di Estinzione (IUCN).
Secondo alcune stime sono oltre 42 milioni i cavallucci marini che vengono venduti ogni anno nel mercato della Medicina Tradizionale Cinese. Tale domanda, unitamente alla distruzione del loro habitat naturale, sta determinando l’attuale “situazione critica”. Le priorità da considerare per la conservazione della specie sono il mantenimento degli habitat naturali costieri e soprattutto lo sviluppo di una comunità internazionale specificatamente educata. A distanza di anni, mi capita spesso di raccontare le esperienze che, nel tempo, si sono succedute anche in siti diversi dallo Stretto. In molti mi domandano se l’hippocampus sia davvero bello, simpatico, scontroso, dispettoso e vanitoso. Non riesco mai a dare una compiuta risposta: ogni volta l’interazione con lui è diversa e senza dubbio emozionante proprio come la prima volta.
Ci provo a raccontarlo attraverso gli studi e gli scatti che dedico a questo pesce spettacolare dagli occhi mobili per sostenere che il Cavalluccio, oltre ad essere decisamente bello, simpatico, scontroso, dispettoso e vanitoso è degno di essere il protagonista assoluto di fiabe e racconti.
Anche per questo aiutiamolo a salvarsi.