di Maria Grazia Cinti – archeologa
IL PARCO DEI MOSTRI DI BOMARZO
A pochi chilometri da Viterbo si trova un luogo misterioso e meraviglioso allo stesso tempo: il Parco dei mostri di Bomarzo, noto anche come “Bosco Sacro” e “Villa delle Meraviglie”. Questo giardino, ideato dal principe Pier Francesco Orsini (detto “Vicino”), fu realizzato nel 1552 seguendo i progetti di Pirro Ligorio e del Vignola; su un obelisco si legge infatti “VICINO ORSINI NEL MDLII”. Recenti teorie vedono come altro protagonista dell’esecuzione delle sculture l’artista fiorentino Simone Moschino, l’unico del quale sia rimasto il nome nei documenti.
Nonostante l’epoca di realizzazione del parco, in cui i giardini all’italiana si sviluppavano con le loro geometrie e la loro perfezione armonica, qui si trova tutto al contrario: distorsione della realtà e della percezione, salite e discese irregolari, scale e architetture particolari sono infatti la norma e portano il visitatore in un’altra dimensione magica e affascinante. Il principe Orsini conosceva bene l’esoterismo e questo si riflette nel parco: qui sono presenti iscrizioni, simboli ed enigmi che suscitano la curiosità di chiunque li noti. Basti pensare che all’ingresso del parco, dopo aver superato una porta merlata, su una delle sfingi si legge: TV CH’ENTRI QVA PON MENTE PARTE A PARTE ET DIMMI POI SE TANTE MARAVIGLIE SIEN FATTE PER INGANNO O PVR PER ARTE.
L’attrazione principale del Parco è costituita dalle sculture, compresi i “mostri”, scolpite direttamente nel peperino e presenti in modo sparso lungo tutto il percorso. Immagini mitologiche (Ercole, Cerere, Nettuno e molti altri) si alternano ad animali più o meno fantastici (sirene, draghi, tartarughe ed elefanti) e a fontane. Il mostro più famoso, divenuto anche il simbolo del parco, è un grande volto con la bocca spalancata in cui si può entrare dopo aver salito qualche gradino; proprio sul labbro superiore corre una scritta: “OGNI PENSIERO VOLA”. Questa iscrizione, tuttavia, non sarebbe quella originale: in un disegno di Giovanni Guerra del 1598, infatti, è rappresentata questa scultura ma la scritta riportata è “LASCIATE OGNI PENSIERO VOI CH’INTRATE”, chiaro riferimento all’Inferno di Dante.
Il parco è immerso in una natura quasi selvaggia, con cascate, piante e quattro curiose architetture: il teatro, la piazza delle pigne, la casa pendente e il tempio, che si trova nella parte più alta del giardino. La Casa è accessibile al piano superiore e regala sensazioni contrastanti proprio per l’assenza di equilibrio che ha all’interno. Al tempietto, invece, si arriva alla fine del percorso di visita; forse ciò non avviene a caso ma fu concepito appositamente per far ritrovare un po’ di pace e tranquillità al visitatore, appena uscito da un bosco pieno di mostri e creature misteriose. Il tempio, comunque, è dedicato a Giulia Farnese, moglie del principe Orsini; alla sua morte, nel 1560, Vicino si chiuse in se stesso, passando la maggior parte del tempo nel giardino. In una delle iscrizioni, trovata su un obelisco, si legge: “SOL PER SFOGARE IL CORE”, che probabilmente rimandava proprio alla tristezza che lo affliggeva e che lo spinse a impiegare qui i suoi momenti liberi. Una volta morto anche il principe, nel 1585, il parco cadde in uno stato di abbandono profondo, finché dopo molti secoli fu riscoperto da grandi artisti come Claude Lorrain, Johann Wolfgang von Goethe, Mario Praz e Maurizio Calvesi, ma soprattutto Salvador Dalì, che partì dall’America non appena seppe di questo parco. Lo si vede in un filmato dell’Istituto Luce del 1948, anche se la visita risalirebbe a una decina di anni prima, mentre passeggia nel parco affascinato e incuriosito allo stesso tempo; ci piace pensare che Dalì si lasciò ispirare proprio da questo posto per il quadro “La tentazione di Sant’Antonio” del 1946.
Anche Michelangelo Antonioni nel 1950 realizzò un corto sul parco di Bomarzo, facendolo conoscere ancora a più persone.
Nel 1954 il parco riemerse dall’oblio nel quale era caduto, grazie a Giovanni Bettini e a sua moglie Tina Severi, che lo comprarono e lo restaurarono, anche perché nel corso di questi secoli diverse statue erano state spostate e alcuni elementi paesaggistici, come un laghetto, erano stati cancellati. Il Parco è ancora oggi gestito dai discendenti di Bettini ed è visitabile tutti i giorni dell’anno.
La bellezza delle sculture, perfettamente integrate nella natura e avvolte in un alone di mistero, contribuiscono a rendere questo luogo un unicum; ma se si è ancora assetati di luoghi particolari, a pochissima distanza dal parco si può visitare anche la cosiddetta “Piramide Etrusca”, talmente nascosta tra i boschi e la natura selvaggia intorno a Bomarzo, che risulta abbastanza difficile da trovare senza una guida. Questa particolare struttura ha una forma che richiama un altare religioso (da qui l’altro nome con cui è nota, cioè “Sasso del Predicatore”), e fu scoperta nel 1911; nessuno l’ha mai studiata nel dettaglio e ancora non si è riusciti a proporne una datazione certa. L’ipotesi più accreditata, tuttavia, è che la “piramide” sia stata costruita da antiche popolazioni del Lazio settentrionale e che fosse usata proprio dai sacerdoti per celebrare qualche tipologia di rito.
Un territorio così poco conosciuto ma così ricco di luoghi misteriosi vale sicuramente una giornata per essere visitato.