di Fabio Lagonia
È il 14 agosto 2018 quando nel capoluogo ligure crolla il viadotto Morandi, portando con sé 43 vittime e uno squarcio che ha segnato l’intera comunità della Lanterna e ferito l’intero Paese. Quel ponte, inaugurato nel 1967, non c’è più: al suo posto, oltre al dolore per le vite spezzate, tanta rabbia, molti interrogativi e le conseguenziali inchieste per trovare le cause di inefficienze e responsabilità. Oggi, però, in mezzo a tanto buio e a due anni esatti di distanza dal crollo, brilla la luce dell’Italia migliore, di un’Italia possibile: in un tempo record è stato progettato e costruito il nuovo ponte sul Polcevera che, come in tanti hanno affermato, restituisce non solo un fondamentale collegamento viario ma anche quella dignità e quell’orgoglio nazionale che si erano perduti. Ed è proprio un figlio illustre di Genova, famoso nel mondo per i suoi capolavori architettonici, ad aver immaginato e offerto il progetto del nuovo viadotto: Renzo Piano.
Il nuovo ponte sul Polcevera è nato secondo un modello per il rinnovo e l’adeguamento delle infrastrutture italiane con un alto significato sociale, economico e strategico. Un “ponte urbano”, vista l’area antropizzata su cui insiste, che ha richiesto interventi collaterali e ne ha caratterizzato la progettazione per renderla attenta non solo alla struttura in sé ma anche alla forte relazione col contesto circostante, tant’è che l’obiettivo è più ampio e guarda ad interventi di ricucitura e rigenerazione urbana. Un volano di trasformazione di tutta l’area che comprenderà anche un parco-memoriale e una ristrutturazione ambientale importante per il recupero del delicato ecosistema di questa valle. Ma non solo la progettazione: anche il cantiere ha dovuto adattarsi in uno spazio davvero limitato, densamente popolato, adiacente ad industrie e a quattro assi viari consistenti; dunque una complessità di gestione e programmazione dei lavori che, oggi, rende merito a chiunque vi abbia partecipato. La vista dell’impalcato che congiunge le due rive è un nuovo simbolo per Genova e per l’Italia, un segno di ripartenza, una prova di efficienza, di efficacia e di competenza.
Dal punto di vista tecnico il ponte, lungo 1.100 metri, poggia al suolo tramite 18 snelle pile in cemento armato a sezione ellittica: tale geometria, con assenza di angoli netti, permette alla luce di “scivolare” sulla superficie e mitigare così l’impatto visivo. Il passo delle pile è di 50 metri, ad eccezione delle tre campate centrali che, dovendo attraversare il torrente e l’area ferroviaria, presentano un passo di 100 metri. Gli elementi di appoggio dell’impalcato sulle pile rappresentano il punto in cui confluiscono tutti gli sforzi della struttura. La loro forma permette di integrare i dischi di appoggi e i ritegni sismici, diventando così uno degli elementi caratterizzanti del progetto sotto il profilo strutturale e formale. L’estremità dell’impalcato, destinata al passaggio tecnico pedonale, è progettata con il fine di smaterializzare ed alleggerire la sezione del viadotto: in questo punto la struttura del ponte viene messa in evidenza tramite il susseguirsi di “costole” in acciaio disposte con un passo di 1,5 metri. Lungo entrambi i lati del ponte è presente la barriera protettiva anticaduta ed antivento alta 2,5 metri e progettata in vetro allo scopo di mitigare ulteriormente l’impatto visivo nel contesto urbano; la trasparenza del vetro infatti permette di osservare il panorama circostante per chi attraversi il ponte, ma anche alleggerirne la presenza nella valle per coloro che lo vedono e lo vivono dalla città.
Dal punto di vista antisismico, l’impalcato è “isolato” rispetto alle pile attraverso un sistema di appoggio che consente al ponte di respirare senza che vi sia alcuna influenza sulla sua stabilità e resistenza. Tale strategia ha consentito l’ottimizzazione delle strutture, delle sottostrutture ed in particolar modo delle fondazioni, limitando le dimensioni delle stesse. Sotto il profilo squisitamente architettonico rimarca immediatamente la forma dell’impalcato che richiama la carena di una nave; la riduzione graduale della sezione verso le estremità del ponte attenua l’impatto visivo, mentre il colore chiaro degli elementi in acciaio rende il ponte luminoso, armonizzando la sua presenza nel paesaggio. Altri elementi caratterizzanti sono i pannelli fotovoltaici posti sul bordo dell’impalcato per tutto il suo sviluppo. La captazione della luce solare tramite i pannelli permette al ponte di produrre l’energia necessaria per il funzionamento di tutti i suoi sistemi, come l’illuminazione, la sensoristica e gli impianti. Tra le carreggiate, quindi sull’asse centrale dell’impalcato, sono invece poste le antenne le quali riprendono il passo delle sottostanti pile. Tali elementi sono utilizzati per l’installazione delle lampade per l’illuminazione stradale concepita per garantire elevate prestazioni illuminotecniche che minimizzino la necessità di manutenzione.
La manutenzione e la pulizia della barriera in vetro e dell’impianto fotovoltaico verranno affidate a dei robot in grado di percorrere il bordo del ponte tramite binari e ruote motrici; i robot si occuperanno anche del monitoraggio esterno dell’impalcato tramite un braccio retrattile sul quale verranno installate fotocamere ad alta risoluzione e sensori di misurazione delle condizioni e deformazioni delle superfici, nonché degli spessori di vernici e dello stato delle saldature. Un ponte, dunque, pensato come uno strumento intelligente in grado di fornire anche, autonomamente, dati sul comportamento di tutte le sue parti, nonché informazioni relative al suo stato di esercizio attraverso un sistema di sensori interni costituito da accelerometri, estensimetri, velocimetri, inclinometri e rilevatori della dilatazione dei giunti e degli spostamenti differenziali. Una formidabile banca-dati utile per essere studiata e monitorata anche quale base di progettazioni future di opere infrastrutturali simili.
Renzo Piano nasce a Genova il 14 Settembre del 1937, da una famiglia di imprenditori edili. Laureatosi al Politecnico di Milano nel 1964, fa esperienza con importanti architetti dell’epoca del calibro di Franco Albini, Marco Zanuso, Louis Kahn e Makowskj. Dal 1971 inizia a collaborare con Richard Rogers e dal 1977 con Peter Rice. Un punto di svolta della sua carriera può essere identificato con la progettazione del celeberrimo centro per l’arte contemporanea Georges Pompidou, nel cuore di Parigi.
Nel 1981 crea il Renzo Piano Building Workshop con uffici a Genova, Parigi e New York. Lo scopo è quello di progredire sempre di più nella capacità di progettare edifici e complessi urbani in tutto il mondo, mirando all’uso di materiali e tecnologie all’avanguardia. Lo studio RPBW impiega in modo permanente circa 130 architetti assieme ad altri 30 addetti al supporto. Si tratta di uno staff con esperienza multidisciplinare che spazia dai servizi di interior design a quelli di urbanistica, dalla progettazione del paesaggio a quello di mostre. Tra i principali progetti in corso: l’Academy Museum of Motion Pictures di Los Angeles; l’École normale supérieure Paris-Saclay; la Paddington Square a Londra; il tribunale di Toronto. I principali progetti già completati includono: la collezione Menil a Houston, in Texas; il Centro culturale Kanak a Nouméa, Nuova Caledonia; il terminal dell’aeroporto internazionale Kansaï di Osaka; il Museo della Fondazione Beyeler a Basilea; la ricostruzione dell’area di Potsdamer Platz a Berlino; l’Auditorium di Roma; il New York Times Building a New York; la California Academy of Sciences di San Francisco; l’espansione del Chicago Art Institute a Chicago, Illinois; The Shard a Londra; il progetto di sviluppo della Manhattanville della Columbia University a New York City; i musei di Harvard a Cambridge, nel Massachusetts; l’edificio per uffici Intesa Sanpaolo a Torino; l’espansione del Kimbell Art Museum in Texas; il Whitney Museum of American Art di New York; la Valletta City Gate a Malta; il centro culturale Stavros Niarchos di Atene; il Centro Botín di Santander; il New Paris Courthouse e altri in tutto il mondo. Mostre di Renzo Piano e opere di RPBW si sono tenute in molte città del mondo, tra cui alla Royal Academy of Arts di Londra nel 2018.
Renzo Piano ha ricevuto moli riconoscimenti internazionali: la Legione d’Onore a Parigi nel 1985; l’Honorary Fellowship Riba a Londra nel 1986; la Riba Royal Gold Medal for Architecture nel 1989; il titolo di Cavaliere di Gran Croce nel 1990; il premio Pritzker nel 1998. Dal 1994 è anche ambasciatore UNESCO per l’architettura. Dal 2013 è senatore a vita.