Englishness

di Claudio Borsato

In italiano sarebbe “inglesitudine”  ma solo il termine inglese – englishness – rende quel modo di essere tutto particolare che puoi trovare unicamente qui, dopo avere attraversato la Manica. Un’attitudine che pervade in modi e forme diverse tutta la Gran Bretagna e riguarda tutto ciò che incontri in città o in campagna:  il modo di vestirsi e di comportarsi delle persone, così rispettoso delle forme ma spesso bizzarro  e comunque sempre imperturbabile;  le lunghe sequenze di case che si differenziano fra loro solo per il colore vivace dell’uscio, sempre verniciato di fresco,  con immancabile bow-window all’esterno e carte da parati floreali all’interno; i pub con insegne antiche e gli stessi nomi ricorrenti, Red Lion,  Kings Arms, Black Horse; quel verde quasi fluorescente dei parchi dove mucche e pecore pascolano anche in pieno centro; i cani aristocratici ed impettiti, ed i padroni di cani tali e quali alle loro bestiole; i bus rossi a due piani, i taxi neri e panciuti, le mitiche cabine telefoniche rosse, talmente iconiche che sono rimaste al loro posto anche se ora sono totalmente in disuso.

Tutto il mondo guida a destra e qui si va a sinistra, in qualsiasi bar del globo la birra è ghiacciata e spumeggiante, qui invece è liscia e piuttosto tiepida. Insomma  c’è un qualcosa che inevitabilmente connota tutto ciò che è britannico, non sono luoghi comuni o immagini stereotipate: l’Inghilterra e gli inglesi, chi più chi meno, sono proprio così, vivono bene ovunque ma  sono inguaribilmente legati alle loro abitudini e tradizioni anche le più bizzarre. Ed è così che noi li amiamo. Io e Chiara, mia moglie e compagna di viaggio, frequentiamo la gran Bretagna da più di quarant’anni. In Inghilterra abbiamo amici fra i più cari e non possiamo stare a lungo senza vederli.Così dopo qualche anno di assenza abbiamo deciso che era ora di dedicare a questo paese le nostre tre settimane di ferie, una settimana per stare con gli amici fra Cambridge e Londra, e quindici giorni a zonzo in automobile toccando luoghi soprattutto di campagna che non avevamo ancora visitato, ma che più di altri ci promettevano un’autentica immersione nella più tipica atmosfera britannica. Prima tappa alle Cotswolds, la più grande e più antica area protetta d’Inghilterra: vi trovi immensi pascoli ma anche adorabili villaggi con magnifiche case in pietra color miele, tetti di paglia, antiche chiese gotiche e meravigliosi giardini. Se uno cerca la vera “englishness” è qui che deve venire. Il modo ideale per godersela è mettersi in cammino sui lunghi percorsi pedonali tracciati fra boschi e pascoli, mettendo naturalmente in conto la pressoché inevitabile doccia fredda lungo la via, anch’essa così consona al modo di essere britannico: “It’s only water!” ci dicono spesso i nostri amici, sorridendo dei nostri affannosi tentativi di ripararci ad ogni minimo cenno di pioggia. Ci siamo poi spostati a ovest e abbiamo letteralmente scoperto il Galles. Prima il Pembrokeshire nell’estremo sud-ovest. Proprio sulla punta, accanto a spettacolari scogliere, c’è l’antichissima cattedrale normanna dedicata a St.David, il santo che portò il cristianesimo in Galles, e che da allora per secoli ha attirato pellegrini da tutta la Gran Bretagna, e ancora adesso ci sono vari percorsi per arrivarci a piedi, proprio come per la ben più celebrata Santiago de Compostela. La visita vale un intero viaggio. Più a nord lo Snowdonia  National Park, un territorio aspro e roccioso scavato da valli glaciali verdissime e costellato di innumerevoli laghetti. Poi Liverpool la città dei Beatles e dell’Albert Dock, con la sua severità ottocentesca resa pop dalle colonne tinte di rosa-arancio, e anche questa dissacrazione è tipicamente inglese. Una visita alla sontuosa Chester, cinta da mura romane  e, per non farci mancare niente, una puntata nei luoghi della primissima rivoluzione industriale, il cui emblema è il primo ponte di ferro della storia costruito nel Settecento nella cittadina di Coalbrookdale per questo ribattezzata Ironbridge, ancora là a testimoniare tutta la carica innovativa di quei lontani pionieri. E poi la grande Londra, talmente multiforme che non la trovi mai come l’avevi lasciata l’ultima volta. Infine a Cambridge a trovare gli amici. La città la conosciamo bene ma è sempre bella e ci piace passeggiare pigramente in luoghi conosciuti intavolando lunghe e piacevoli conversazioni con gli amici fra una birra al pub (o due, o tre…) e lunghi barbecue nel backyard.  È qui che  anche noi, italiani fino all’osso e fieri di esserlo, cominciamo piacevolmente a sentirci un po’ contagiati da una sottile dose di autentica “englishness”. E la cosa non ci dispiace affatto.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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