*di Rosalba Paletta*
Cari lettori,
lo sentite? Il vento leggero della primavera soffia sulla nostra copertina…
Lo abbiamo catturato a Castelmuzio, con un retino per le farfalle, grazie al lavoro della nostra Bianca Sestini che ha incontrato una collettività appassionata, operosa e amante del luogo in cui vive.
Quella del “borgo salotto” di cui vi parliamo è una visione per fortuna non rara che accomuna diversi centri abitati del nostro Paese, che il piccolo agglomerato toscano testé citato esemplifica con grazia e tratti pittoreschi. A ben vedere sono tre le caratteristiche che li rendono posti così amabili, sui quali modellare l’immaginario futuro di tanti luoghi che sembravano destinati allo spopolamento, e che oggi appaiono solo “più umani”:
uno, una pulsante anima nascosta, un genius loci che scorre nei vicoli, si affaccia dai belvedere, contempla filari di piante in fiore e osserva panorami mozzafiato dall’alba al tramonto;
due, la capacità dei loro abitanti di restargli accanto, “nella buona e nella cattiva sorte”, come in una lunga storia d’amore, di rimanere in ascolto di quel luogo prendendolo per mano quando inizia a zoppicare per percorrere ancora un tratto di strada insieme, e interpretarne l’essenza universale, eterna, che basta a tutto, oggi come ieri, narrandola con un linguaggio adatto al nostro tempo, composto di bellezza semplice, senza fronzoli, autentica a chi voglia ascoltare e ritrovarsi;
tre, questi ultimi, i tanti noi, voi, desiderosi di leggere di un nuovo pezzo di mondo ancora inesplorato, di andare a conoscere un nuovo sentiero non ancora battuto, una sfida abbracciata da qualcuno, là fuori, non ancora incrociata, sostenuta, condivisa.
Il noto paesologo Franco Arminio, in una delle sue bellissime poesie ha parlato, proprio a questo proposito, del bisogno di considerare e valorizzare la nuova identità del viaggiatore per salvare i paesi, il lato umano delle cose, il volto vero e sincero dei luoghi.
Qual è il motivo per il quale mi sono soffermata su questo aspetto? Non certo per togliere attenzione al resto delle pagine che rendono anche questo nuovo numero di Med di straordinario interesse: l’arte di Cecilia Alemani alla Biennale di Venezia raccontata da Apollonia Nanni: l’impegno green di Alessandro Gassman di cui ci parla il nostro Carlo Piano; La vita selvaggia di boschi e, talvolta, nostro malgrado, delle città, di cui ci scrive Paolo Di Giannantonio; le esperienze delle Calabrotte narrate dalla nostra storica Maria Lombardo; il mare e i suoi protagonisti incantevoli di Giovanni Laganà, in questo numero concentrato sull’aragosta sempre più rara; il cinema premiato nel Mondo di cui ci informa la cara Margherita Bordino con la famiglia Crawley; i luoghi d’incanto della nostra Paola Vignati a Ravello e quelli tutti da gustare e sorseggiare di Barbara Perrone in giro per lo Stivale; i libri letti per noi da Eliana Iorfida, che vista l’attualità non poteva non ricordarci lo scrittore di Kiev di tutti i tempi; il nostro Federico Quaranta con la sua straordinaria capacità di portarci a passeggio nei luoghi interiori ed esteriori del nostro animo; un borgo del sud nelle cui vene scorre arte da secoli documentato per noi da Vittoria Camobreco. E poi tutte le rubriche, dei nostri amici sempre puntuali, sempre attuali. Come togliere attenzione a tutto questo!
In apertura ho cercato piuttosto di suggerirvi un angolo sicuro, un modo da cui guardare il mondo che vi raccontiamo, e anche quello che apparentemente lasciamo fuori; un modo attento, amorevole, che sappia cogliere la bellezza anche dove non c’è, e sappia emanarla. “[…] Il mondo ha bisogno di essere amato e accudito, prima di essere pianificato o portato chissà dove”. Ha proprio ragione Arminio quando dice questo, e anche quando afferma: “Io guardo ogni cosa come se fosse bella. E se non lo è vuol dire che devo guardare meglio”.