Bombshell – La voce dello scandalo (Jay Roach, 2020)

di Maria Antonia Danieli

 

Basato sul vero scandalo sessuale che coinvolse una delle figure più influenti della Fox, uno dei più importanti network televisivi americani, Bombshell – La voce dello scandalo denuncia un sistema mediatico e sociale marcio che tratta le donne come merci.

Nel 2016 Roger Ailes, interpretato da John Lithgow, è il presidente e amministratore delegato della Fox, di cui ha contribuito a decretare l’ascesa e il successo mediatico. La giornalista Gretchen Carlson, la convincente Nicole Kidman, si ritrova ad essere rimpiazzata in uno dei programmi più seguiti dai telespettatori. Con una carriera in caduta libera e sempre più infastidita dai commenti sessisti dell’ambiente lavorativo, dopo essere stata licenziata, decide di fare causa per molestie sessuali ad Ailes, facendo strada a numerose altre testimonianze di donne molestate da Roger sul posto di lavoro, al quale si aggiungerà quella di Megyn Kelly, interpretata dalla quasi irriconoscibile Charlize Theron, una delle conduttrici più celebri di Fox News e quella dell’ultima arrivata Kayla Pospisil, giornalista alle prime armi desiderosa di fare carriera, interpretata dalla brava Margot Robbie, figura di finzione che va simbolicamente a rappresentare tutte le giovani donne desiderose di fare carriera ma troppo spesso costrette a subire delle molestie per costruirne una.

Tre donne diverse, con personalità e carriere diverse, sono accomunate però dall’ambiente malsano che è Fox, popolato da donne snelle, truccate, con minigonne dalle tonalità accese e tacchi a spillo, uomini in pantaloni e ascensori che portano le giornaliste nell’ufficio di Roger. Ambiente lavorativo in cui le donne si dividono necessariamente tra le molestabili e le donne tagliate fuori. Spazio claustrofobico e tossico, reso competitivo da Ailes dove le donne non possono spesso costituire una genealogia perché in continua lotta le une con le altre per condurre e apparire nei programmi televisivi con gli ascolti migliori.

Le vicende del film ci riportano subito alla mente eventi simili seppur successivi, ovvero il movimento femminista #Metoo nato negli Stati Uniti nel 2017 a seguito delle accuse sessuali contro un’altra figura mediatica influente, il produttore cinematografico Harvey Weinstein. Sicuramente un altro discorso fondamentale che si fa spazio tra le immagini è anche il forte legame tra media, politica e sessismo. Il film infatti si apre con una delle tre protagoniste, Megyn, che durante la moderazione del dibattito dei Repubblicani al quale partecipano i possibili canditati del partito alla corsa presidenziale, fa una domanda scomoda riguardo all’atteggiamento sessista dell’allora candidato, ora presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ricevendo nei giorni successivi tweet sessisti da parte di Trump e dei suoi seguaci. Il film riesce in tal modo a dirigere efficacemente l’attenzione e la riflessione dello spettatore su quanto il sessismo e l’oggettivizzazione della donna non siano radicati soltanto negli ambienti lavorativi dello spettacolo, ma anche nella società e nelle figure che rappresentano lo Stato e che come tali diventano i primi responsabili della diffusione di concezioni e comportamenti chiaramente inaccettabili.

Il film è diretto da Jay Roach, regista conosciuto al grande pubblico per la serie di film Austin Powers e la commedia Ti presento i miei (2000) con Ben Stiller e scritto da Charles Randolph, noto per aver firmato, insieme ad Adam McKay, la sceneggiatura de La grande scommessa  (McKay, 2015), per la quale ha ricevuto l’Oscar alla Migliore Sceneggiatura non originale nel 2016.

Bombshell è caratterizzato da uno stile cronachistico, dinamico e ironico calandoci in questo vorticoso ambiente che è Fox dove lo spettatore fa quasi fatica a stare dietro alle numerose informazioni, ai dialoghi, ai tanti personaggi che vengono presentati con date, nomi, ruoli sociali e lavorativi in sovraimpressione sullo schermo. Sin dalle sequenze iniziali, con Megyn che rompendo la quarta parete si rivolge direttamente allo spettatore per spiegare il funzionamento del network Fox, l’intento del regista è chiaro: impedire l’immedesimazione dello spettatore che verrà da questo momento in poi continuamente bombardato da nuove immagini, nuovi volti, nuovi tasselli narrativi da unire per compiere quella che, in ultima analisi, è un’investigazione su Roger Ailes in primis ma soprattutto sul sistema corrotto di cui egli è solo uno dei tanti rappresentanti, sistema dominato da norme e regole non scritte che diviene chiaramente necessario rovesciare.

Infine, interessante è sicuramente il titolo della pellicola che gioca sull’ambiguità della parola bombshell, che a seconda del contesto può significare sia bomba (intesa come ordigno esplosivo) ma anche notizia bomba o “sei uno schianto”, suggerendoci già a partire dal titolo quanto l’ironia sarà uno degli elementi fondamentali della struttura del film.

La pellicola ha ricevuto tre candidature alla scorsa 92esima edizione dei Premi Oscar, tra cui una nomination per Miglior attrice a Charlize Theron e una per Miglior attrice non protagonista a Margot Robbie, e ha vinto il premio Oscar per Miglior trucco e acconciatura.

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