*di Apollonia Nanni*
“L’arte italiana? Siamo ai minimi storici. Oggi ci sono cani sciolti che, pur talentuosi, sono maestri nell’arte del markenting. La galleria d’arte seppur ambiziosa non serve a niente, perchè gli artisti di ogni genere e grado, sono mercanti di loro stessi. E’ un cambiamento inarrestabile, probabilmente voluto dalla storia”: Gian Enzo SPERONE (uno dei maggiori galleristi italiani).
Qual è la funzione dell’Arte oggi? L’artista ha un ruolo dominante nel terzo millennio? O è soggiogato alla legge di mercato e a un sistema dell’arte spesso manipolato da interessi subalterni? Vi siete mai chiesti cosa distingue un grande da un pessimo artista, cosa ha fatto sì che Marcel Duchamp o Andy Warhol, Burri, Fontana, (alcuni fra i più noti artisti di fama internazionale), abbiano superato la prova del tempo e perchè molti artisti sono sopravvalutati? Le famose bolle speculative. Cosa si cela dietro il clamore e lo scandalo delle opere dell’irriverente Maurizio Cattelan? Famosa la ” NONA ORA” scultura del 1999 che rappresenta un Papa, Wojtila, caduto a terra colpito da una meteora, provocatoria e inusuale. Quando fu resa nota al mondo destò scandalo e un tale scalpore che se ne discusse in ogniddove, con soddisfazione dell’artista per aver ottenuto l’obiettivo di tanto rumore facendo lievitare il valore dell’opera. Come tanti anni prima, fece Manzoni con la sua “merda d’artista”. Anche De Dominicis fece molto scalpore quando durante la XXXVI BIENNALE di VENEZIA coinvolse un ragazzo down in una sua opera dal titolo : “Seconda soluzione d’immortalità (l’universo è immobile), opera che comportò una denuncia all’artista in seguito assolto. Ma qual’è il senso di un’azione tanto controversa? Cosa non si fa per stravolgere i soliti luoghi comuni e suscitare interesse morboso a livello planetario.
Negli ultimi anni stiamo assistendo al trionfo del brutto e dell’orrido , l’arte si è liquefatta! Bauman, filosofo e sociologo polacco, sostiene che stiamo vivendo una società liquida, l’arte stessa si è fatta liquida straripando ovunque e comunque sotto “mentite spoglie”. Siamo di fronte a “nuovi” ed imprevedibili “episodi” della storia dell’arte ( forse postuma) e del gusto contemporaneo. Oggi le nuove tecnologie, fotografiche ed elettroniche, hanno preso il posto della pittura classica, i pennelli sono stati sostituiti dai “tasti”; foto ed immagini digitali, creazioni polimateriche, inserimento della musica, utilizzo di materiali diversi rispetto a quelli abitualmente considerati. Si respira una grande libertà, che spesso si declina in “libertinaggio” in una sorta di sfrenata corsa a chi “crea” opere insensate che sovente vogliono proporci come “arte”. L’immaginario di molti è appiattito,. Tutti copiano tutti! REMAKE imperante. Vige pigrizia mentale, creatività anno zero, più facile replicare … Che pena! Che pochezza d’intenti. Arte mutiforme? Ma l’ARTE esiste ancora? Ritengo che gli artisti devono preservare la loro indipendenza, senza essere forzati a piegarsi difronte a indottrinamenti. Stiamo vivendo una rivoluzione dei linguaggi dell’ Arte cui la specie si sta adattando in una irrefrenabile omologazione globale.
Le mode si alternano velocemente per potersi godere un’istante di eternità con un prodotto artistico, proliferano segni all’infinito, riciclaggio di forme passate senza alcun criterio di giudizio, alcun piacere. INTERNET risulta essere l’unico nuovo linguaggio dell’espressione artistica attuale, l’effetto negativo è il deterioramento delle idee, nessuno prevale per originalità, anzi spesso si ricorre a sentieri già battuti o di “tendenza”. Ma è risaputo le “tendenze” passano, come in ogni campo, la “novità” è che non attecchisce nulla. I NEO-ARTISTI sono come meteore nel cielo temporaneo dell’arte. Non siamo destinati a permanere attraverso le nostre opere come avveniva in tempi remoti quando l’Artista una volta affermatosi sulla scena dell’Arte entrato nell’olimpo occupava decenni attraverso le sue opere, faceva scuola, proseliti, si formavano le varie correnti artistiche. Dal punto di vista di chi crea tutto è una scommessa, un salto nell’ignoto. Il noto storico e critico d’arte JEAN CLAIR attesta che stiamo vivendo l’inverno della cultura, e che non si distingue una bufala da un’opera d’arte. Avrete notato che si plaude a tutto senza contraddittori, pare che sia tutto realizzato bene, non fa una piega, quasi ci fosse una sorta di “accettazione” anche alle varie paccottiglie e cianfrusaglie spesso proposte da improvvisati “artisti”.
E’ il nuovo che avanza? Ma non è il buono del nuovo. In questa era compulsiva del copia-incolla, basta un “clic” per rinominare o cancellare. Chissà fra un secolo cosa ne sarà dell’Arte. Di questa Arte. Ma soprattutto quali e quanti artisti lasceranno una impronta indelebile tale da essere venerati? Saremmo sommersi da “video”? da selfi da avatar? Le strade saranno invase da giganteschi DISPLAY in cui scorreranno immagini di individui robotizzati tutti perfetti che ci indicheranno cosa fare della nostra vita? Un esercito di cloni avanzerà? Ai posteri l’ardua sentenza! Il futuro dell’Arte a mio avviso , e della conservazione del sentimento umano, risiede nel manufatto artistico in una officina dei saperi e delle conoscenze oggi così carente ed inefficiente, in questa epoca fragile e sfilacciata precaria si avverte la necessità di qualcosa di “lunga durata” di permanenza dell’opera, di concretezze. Scrive Sennett, <<Non esiste arte senza tecnica: l’idea di un quadro non è un quadro>>.
Necessita aprirsi all’inaspettato e al possibile, niente può essere più straordinario dell’ordinario. Si può essere attuali essendo inattuali. Sovente dinnanzi un’opera moderna si suole dire: “QUESTO LO SAPEVO FARE ANCH’IO” titolo eloquente del recente libro dell’ironico FRANCESCO BONAMI noto critico d’arte di adozione newyorkese. Che cosa esprime l’opera d’arte? Cos’è l’estetica? Il vuoto ! Il vacante nell’arte! Anche una superficie bianca esprime un concetto che va al di la di qualsiasi definizione edonistica riconoscilbile da simmetrie e dimensioni prospettiche. Il quotidiano è la cosa più difficile da scoprire”, scrive Blanchot, perchè il suo carattere costitutivo è quello di essere inosservato, insignificante. Stiamo vivendo la “SOLITUDINE DEL CONTEMPORANEO” IN UNA “CITY CHAMBER”, città da camera, come l’ho denominata, una city che è già realtà, purtroppo, tutti uguali, con facce botuliniche siliconate, inespressive e disumanizzati. E l’arte? Nel frattempo assorbiamo un mixaggio sfacciato e irriverente di generi e stili attraverso il quale si racconta in primo luogo la visione dell’artista, il DJ dell’arte CON-TEMPORANEA. Il Contemporaneo è già un “classico”.