*di Maria Lombardo*
Anche in missione culturale ieri dalla bellissima Sicilia ho osservato il “lavoro” dei meridionalisti che rievocavano in abiti d’epoca l’entrata a Napoli di Carlo III. Ebbene hanno dimenticato di documentarsi prima di agire. Ecco a voi cari lettori quello che accadde! Nel 1734, dopo due secoli di sudditanza in qualità di provincia della Spagna e dell’Austria Napoli divenne la capitale di un regno indipendente sotto Carlo di Borbone; Un lungo periodo tormentato da guerre di Successione che videro favorita la Spagna portando al soglio Napoletano Carlo di Borbone Farnese.
Un sovrano dalla reputazione illuminata venuto a vivere tra i napoletani ed essi si sentirono una nazione con la N maiuscola. Carlo non aveva ricette magiche e ne progetti speciali per cambiare il sistema sociale, ne poteva nell’arco di pochi anni far fiorire commercio ed agricoltura. Ma armato di tanta pazienza e zelo creò opere che tutt’oggi ci parlano di lui. Il Teatro S.Carlo, la biblioteca nazionale, le collezioni Farnese portate da Parma, i tesori d’Ercolano e Pompei, i palazzi di Capodimonte, Portici e Caserta, le belle piazze ora chiamate Dante e del Plebiscito, sono uno splendido ricordo lasciato da Carlo e dai suoi successori. Le Due Sicilie ottennero un periodo di progresso notevole e vissero l’epoca più felice dopo lunghi secoli di vassallaggio. Furono tangibili i vantaggi dell’indipendenza nonostante le eruzioni del Vesuvio, i terremoti del 1720-50, le carestie e le epidemie.
L’agricoltura rimase in condizioni arretrate, ma come affermò B. Croce ” un secolo e mezzo più tardi dopo l’unità d’Italia stavano molto meglio?” Un lungo periodo di pace, il riassetto della finanza pubblica, la tassazione delle proprietà ecclesiastiche favorì la prosperità. L’università fu ammodernata ed ebbe una degna sede, le case furono costruite con gusto e l’uso dei vetri alle finestre divenne abituale. Vanvitelli e Fuga disegnarono i fabbricati che ammiriamo ancora oggi. Dopo questa lunga carrellata di vantaggi e leggi, Napoli divenne anche capitale della musica. Tutto ciò sino allo scrollone dovuto alla rivoluzione Francese.
Carlo III trova una capitale che è la più popolata d’Europa, dopo Parigi: anche dopo la decimazione avvenuta nel secolo precedente per un’epidemia di peste, fa oltre 400.000 abitanti, principalmente ecclesiastici, perché Napoli è la città delle chiese e dei monasteri e conta oltre 40 parrocchie, trasformò la capitale del regno dandole un’impronta così spiccata che la Napoli che oggi noi vediamo è soprattutto una città Borbonica. Ma trova anche questa realtà descritta da Maximillien Misson: “Non vi si vedevano donne e questa era nascondere con ridicolezza ad un Viaggiatore la più bella metà degli Abitanti. Gli abiti e gli equipaggi erano neri e bruni, il che rattristava l’occhio, e vi era proibito di portare oro argento e seta. I più gran Signori non potevano avere più di due staffieri e la maggior parte delle carrozze erano trascinate da muli.
Il commercio di Napoli era del tutto decaduto e non vi si faceva che sapone, tabacco in polvere, calzette ed altre opere di rame… I Napoletani anche nell’esteriore del loro corpo dimostrano di avere un’analogia con i Greci. Essi hanno come questi il petto largo ed avanzato, le spalle ben collocate, il collo corto e grosso, una grassezza di viso tondo, di bella carnagione, l’occhio bello e vivace” e “hanno per uso di andare colle spalle, il petto e le braccia quasi nude”. Una città grande come Napoli piena di celibatari è un attentato allo stato coniugale. La prostituzione è abbondante come a Roma e l’amministrazione cerca da tempo di confinarla in luoghi appartati. Proprio perchè la capitale Partenopea era molto abitata, bisognava sviluppare anche proposte per la sanità: Il Collegio medico – cerusico con sede nel protospedale del Regno inoltre gli Incurabili, è l’espressione clinica della sanità Duosiciliana. Il collegio, con le sue rigide regole e con la stretta aderenza alle problematiche assistenziali dell’ospedale, era autonomo dal potere universitario sino alla caduta del regno, seppur con alterne vicende e periodi di chiusura.
Oltre a questi travagli e lotte tra istituzioni la medicina del Regno Borbonico dovette fare i conti con pestilenze, epidemie di colera e vaiolo. Nel settecento le prime istituzioni assistenziali furono ospizi per poveri reietti abbandonati. Il palazzo Fuga, una delle più grandi costruzioni settecentesche d’Europa, sorto per volontà di Carlo III di Borbone, rappresenta l’apoteosi del sogno dell’utopia illuministica ed in questo caso dell’illuminismo napoletano in esso si volevano raggruppare i poveri, gli indigenti, rieducare i detenuti sul valore terapeutico del lavoro, assicurare agli orfani della Santa Casa dell’Annunziata i mezzi di sussistenza e l’insegnamento di un mestiere che li avrebbero potuti rendere autonomi nella vita quotidiana. Era frequente anche negli stabilimenti ospedalieri periferici ritrovare accanto a Conventi e Chiese un locale adibito al ricovero di pellegrini e indigenti ed un altro accanto a cui accedevano i veri e propri infermi.