*di Carlo Piano*
Del padre Vittorio si conosce molto, della mamma si sa un po’ meno. Eppure suo è l’imprinting: è stata lei a insegnare al figlio Alessandro Gassman l’amore per la natura, che non vale meno di quello per il palcoscenico. Era una famosa attrice che ha recitato nei film di Claude Chabrol e Luis Saslavsky e ha anche vinto l’Orso d’argento al festival di Berlino, per la sua interpretazione di Annette in Storia di un disertore.
La soprannominavano Les yeux per il colore dei suoi occhi cangianti dal verde al giallo. Non si poteva resistere alla loro malia. Come non seppe resistere Vittorio, che ne rimase stregato: il loro amore, folgorante e burrascoso, si bruciò nel giro di qualche anno, lasciando come prova tangibile un pargolo di nome Alessandro. Fortunatamente quei due non si sopportavano, ma andavano d’accordo. Oggi lei vive in un paesino di montagna in Messico con i suoi adorati cani, perché come spiega il figlio «da sempre mal sopporta il caos delle grandi città, le fanno paura».
Soprattutto Juliette Mayniel resta una figlia di contadini dell’Alvernia, l’aspra e splendida regione francese celebrata da Georges Brassens nella Chanson pour l’Auvergnat. La cascina dei Mayniel era immersa nel verde delle campagne di Saint-Hippolyte, un borgo con meno di duemila abitanti dove si produce uno dei Roquefort più erborinati.
Juliette, anche dopo essere assurta a diva, appena possibile si rifugiava in qualche lembo sperduto di campagna perché, racconta Alessandro nel suo libro Io e i #Green Heroes scritto insieme al divulgatore scientifico Roberto Bragalone e pubblicato da Piemme, «il suo bisogno di tornare alla terra la teneva sotto scacco e la faceva finire sempre, con una scusa qualsiasi, in mezzo alla natura. Ci andava da contadina e non da signora di città che va a fare giardinaggio. Una costante che credo di poter dire di aver ereditato da lei…». Di certo Alessandro non ha ereditato l’afflato bucolico da suo padre che sermoneggiava, con l’espressione ironica che sapeva dipingersi in volto: «Non c’è niente che mi annoi di più della tranquilla osservazione dei paesaggi».
Così già da bambino quello che sarà l’attore Alessandro Gassman trascorre molto tempo assieme alla mamma nei boschi dell’Argentario. Ricorda: «Nei fine settimana e durante le vacanze ci trasferivamo in Toscana. Fu lì che cominciai a riconoscere il trotto dei cinghiali, a distinguere gli uccelli nella confusione gentile di centinaia di cinguettii e a scoprire che le mosche si accorgono di quando sta per venire a piovere, perché diventano più insistenti e fastidiose. Imparai insomma che no, in campagna non ci si annoia mai e c’è sempre qualcosa da scoprire».
Divenne amico degli alberi su cui si arrampicava e degli animali che osservava incuriosito, mentre Juliette zappava e piantava cavoli nell’orto. Entrambi piansero quando, nella torrida estate del 1975, un incendio divorò le colline mettendo in fuga cerbiatti, cervi, cinghiali, volpi e donnole…
Da allora il pluripremiato teatrante, oggi a sua volta padre del cantante di successo Leo, non ha mai smesso di «pensare verde». Anche se un rimpianto lo tormenta: «Quello di aver abbandonato la facoltà di agraria, senza aver inseguito con costanza la mia passione per la natura, è una decisione per cui provo ancora rammarico. Forse è anche a causa di quella scelta che oggi sono onorato di poter dare una mano, anche se non da dottore in agraria, anzi, da capra, come avrebbe detto mio padre, a chi sta provando a prendersi cura del pianeta».
Cosa combina di tanto green Gassman? Nella vita di tutti i giorni riutilizza le borse della spesa, usa bottiglie di vetro e lampadine al led, mangia poca carne e pesce di allevamenti non troppo sfruttati e guida un’auto ibrida, in attesa di passare alla elettrica.
Ma è soprattutto il suo ruolo di green influencer a farne un paladino e testimonial dell’ambiente. Da qualche anno, insieme all’ingegnera ecologista Annalisa Corrado e con il supporto scientifico del Kyoto Club, racconta dalle colonne del Venerdì di Repubblica e sui social, chi sono i green heroes, ovvero le storie di coraggiosi imprenditori: innovatrici e innovatori capaci di «costruire futuro» rispettando e anzi aiutando l’ambiente.
Tra loro c’è chi ha inventato la vernice che, rifacendosi alla fotosintesi clorofilliana, cattura lo smog, chi riconverte all’energia solare i campi abbandonati, la cartiera Pirinoli salvata dagli operai che hanno ridotto del 95 lo spreco di acqua, chi produce la seta dagli scarti della lavorazione degli agrumi, i Negozi leggeri che vendono solo prodotti sfusi e così via in una galleria di eroi che suggerisce buonumore.
La cosa curiosa è che oggi occuparsi di aziende ecosostenibili è più redditizio di quanto sia non farlo. Tutte queste persone danno lavoro a impatto zero e macinano utili, senza danneggiare la natura e difendendo il futuro dei nostri discendenti. Se dovessimo scegliere una delle storie raccontate da Alessandro (e non è un’impresa facile) ci piace molto quella della Biorfarm, l’azienda calabrese che consente di adottare alberi e ne spedisce a casa la frutta, saltando la grande distribuzione. Dimostra che gli alberi sono nostri preziosi alleati e che, come faceva il giovane Gassman, bisogna salirci anche da adulti per continuare a vedere lontano.