*di Francesco Brancatella*
Quando sono rientrato nel 2007 al TG1, nella redazione del settimanale TV7, David Sassoli era già vicedirettore della testata e responsabile degli “Speciali TG1”, era quindi il mio superiore diretto…
Era facile accorgersi da subito che aveva rapporti molto amichevoli con il resto della redazione; ma con me all’inizio solo professionali: lui era pieno di lavoro, io ero intimidito nel trovarmi catapultato nella redazione di TV7, la più antica e gloriosa rubrica giornalistica della Rai. TV7 aveva da sempre nutrito la mia fantasia di ragazzino, nato in un paesino dell’entroterra calabrese, che da grande voleva fare il giornalista…e invece, appena arrivato al TG1, ho trovato subito a ricevermi il grande giornalista che volevo diventare, in carne e ossa. La mia voglia di raccontare incontrò, arricchendosi, la sua visione narrativa ricca, empatica, ambiziosa: abbiamo immaginato e realizzato insieme, ciascuno nei propri ruoli, dei reportage che non avrei mai pensato di poter fare, in Italia e nel Mondo.
Tra questi uno speciale sulle povertà del Mondo che significativamente abbiamo voluto chiamare “L’ultima pagina”, come per risarcire tutte le notizie che per sclerotica convenzione narrativa non hanno mai l’onore della prima pagina, sempre occupata da terrificanti notizie di politica, di cronaca nera, di primedonne, di vip. Abbiamo semplicemente deciso di rovesciare la scala gerarchica delle notizie, mettendo in prima pagina le notizie, le persone, le storie che normalmente, nei giornali di tutto il mondo, ne occupavano l’ultima. Ricordavo tutto questo qualche anno dopo, nel 2011, quando entravo nella sede della Commissione Europea a Bruxelles, per continuare quell’antico progetto narrativo con altri spunti ed altre storie. David Sassoli era stato nel frattempo eletto al Parlamento Europeo, ed io con lui proprio di Europa volevo parlare, di questo incredibile sogno che aveva affascinato tutti noi “quasi giovani” e che aveva portato lui a dedicargli (…“ormai fino alla fine della vita”) tutto il suo tempo e la sua passione politica.
L’intervista che segue è parte di quella lunga chiacchierata, realizzata nello studio spartano che occupava come Capogruppo del Partito Democratico all’Europarlamento.
Sassoli: “L’Europa non riesce a fare sempre scelte coraggiose, perché in questo momento l’egoismo degli Stati sta prevalendo sul sogno europeo: lo vediamo con la Grecia, lo vediamo con le difficoltà dei Paesi membri… è il risultato dell’egoismo, e noi siamo qui per tentare di vincerlo l’egoismo degli Stati…, in fondo una buona politica europea ha sempre come riferimento l’Europa dei popoli e non quella degli Stati…”.
Brancatella: “…E infatti la differenza è sotto gli occhi di tutti: su questo terreno specifico, quello dell’aiuto ai Paesi poveri, c’è una diversa e maggiore attenzione dell’Europa rispetto all’atteggiamento dei singoli Stati nazionali, che sembrano venire sempre tre o quattro passi dietro, come si spiega questo scollamento?”
Sassoli: “E’ la paura, la stessa paura che ha colpito l’Europa rispetto alle diverse ondate di libertà che si sono manifestate nel Mediterraneo in questi mesi, la paura… perché quando gli altri cambiano, impongono anche un tuo cambiamento. In fondo ogni rapporto, quando è sano, ti cambia…e se questo vale per gli esseri umani, figuriamoci quanto conta di più nel rapporto tra gli Stati. Naturalmente questo cambiamento bisogna accettarlo e non sempre i governi europei hanno il coraggio di farlo… battere la logica governativa, in un’Europa in cui qualche stato più debole degli altri rischia di essere abbandonato a se stesso: questo mette in discussione la costruzione di una Unione Europea… L’Europa è forte quando i governi nazionali sanno lasciare il passo ad uno spirito di solidarietà, e in questo momento noi stiamo constatando come proprio questo sia così difficile…”
Brancatella: “Girando per l’Italia, come il nostro mestiere ci impone di fare, ci accorgiamo spesso che esistono incredibili episodi di volontariato, di gruppi di giovani generosi, che silenziosamente ed eroicamente tengono incollati i cocci di un Paese altrimenti in frantumi… questo accade nel cosiddetto tessuto civile, mentre a livello governativo l’Italia è agli ultimi posti negli aiuti allo sviluppo. Perché?”
Sassoli: “Perché non sappiamo fare sistema, .perché non sappiamo cogliere l’opportunità che quel mondo così ricco di opportunità in Italia, potrebbe dare al sistema italiano… impegnarsi nella sanità in Africa non è solo un’opera di beneficienza: è la costruzione di un mondo diverso, di un’economia diversa, è investire sulla dignità delle persone, ma anche sulla nostra dignità, non per logiche neocoloniali naturalmente, ma perché le società civili hanno bisogno di integrarsi, e in questo momento i Paesi fanno fatica a capire che “avere visione” significa scommettere sullo sviluppo degli altri; investire sulla propria sicurezza significa avere società meno povere a distanza di tre, quattrocento chilometri da casa nostra. Abbiamo bisogno di un sistema italiano che cresca nella mentalità, cosa che altri Paesi hanno già acquisito. Se andiamo in altri Paesi europei, ci accorgiamo che il sistema della solidarietà, le Ong, le tante associazioni impegnate nel campo della cooperazione fanno sistema, mentre da noi questo è ancora molto difficile vederlo. D’altronde il nostro Paese non sa far fare sistema alle imprese, figuriamoci alle organizzazioni non governative… ma questo è quello che va fatto, anche perché siamo tra i Paesi europei fondatori, e l’Europa è il luogo dei valori…
Ricordo che abbiamo detto molte altre cose in quella lunga chiacchierata filmata, ma non ricordo bene se, finita l’intervista, mi salutò con la frase con la quale usualmente David terminava un tempo le riunioni da Vicedirettore degli speciali TG1: “…beh, adesso basta con tutte queste chiacchiere, diamoci da fare…”.