PERCHÈ L’ACQUACOLTURA
La FAO, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura, nell’ultimo rapporto “Lo stato della pesca e dell’acquacoltura mondiale 2020” ha attestato che il consumo di pesce nel mondo è arrivato al record di 20,5 kg procapite l’anno, ed è destinato a salire ancora.
Il consumo di pesce, infatti, è aumentato del 122% dal 1990 al 2018. Nel periodo che va dal 1961 al 2017, il consumo totale di pesce è cresciuto a un tasso medio annuo del 3,1%. In termini procapite, significa che si è passati da un consumo di 9 kg a persona nel 1961 ai 20,3 kg del 2017. Quindi il mondo mangia più pesce e nel prossimo decennio questa cifra è destinata ad aumentare ulteriormente e a superare nel 2030 i 21 kg l’anno a persona. Il pesce assumerà, dunque, un ruolo sempre più importante sia per la sicurezza alimentare che per la nutrizione di intere comunità. Il rapporto della Fao indica che “nel 2030 la produzione ittica totale è destinata ad arrivare a 204 milioni di tonnellate, con un incremento del 15% rispetto al 2018, con la quota dell’acquacoltura in crescita rispetto all’attuale 46%. Tale crescita è pari a circa la metà dell’aumento registrato nei 10 anni precedenti, il che si traduce in un consumo annuo di pesce che si prevede raggiungerà i 21,5 chilogrammi pro capite entro il 2030”.
Per mantenere questa tendenza, evidenzia la Fao, è fondamentale garantire lo sviluppo sostenibile dell’acquacoltura e la gestione efficace delle risorse ittiche. Infatti il pesce e i prodotti ittici sono considerati non solo tra gli alimenti più sani del pianeta, ma anche tra quelli con minor impatto sull’ambiente naturale, e di conseguenza devono svolgere un ruolo più centrale in tutti i livelli delle strategie mirate alla sicurezza alimentare e alla nutrizione. Il pesce fornisce a circa 3,3 miliardi di persone nel mondo quasi il 20% dell’apporto procapite medio di proteine animali. I prodotti da acquacoltura rappresentano il 46% della produzione totale e il 52% del pesce destinato al consumo umano. Anche nel prossimo decennio il pesce d’allevamento continuerà ad aumentare la sua quota di consumo e commercio. Un metodo alternativo per il reperimento di prodotti ittici è quello dell’acquacoltura, vale a dire la produzione in allevamento di specie ittiche (pesci, molluschi e crostacei) in regime controllato, per tutte le fasi del ciclo produttivo.
COSA È L’ACQUACOLTURA
Le attività di acquacoltura sono in costante aumento e rappresentano ormai, a livello mondiale, oltre il 40% della produzione complessiva. In Italia le attività di acquacoltura hanno una tradizione antichissima, se si pensa alle prime peschiere già al tempo dei romani, agli allevamenti d’acqua dolce praticati in molti monasteri già nel Medioevo, o l’allevamento di specie d’acque salmastre praticato nelle “valli da pesca“ della Laguna Veneta. Alla fine del ‘900 l’acquacoltura ha avuto un nuovo impulso, sia in acqua dolce che in mare: dagli allevamenti della trota a quelli dei mitili. L’acquacoltura di acqua salmastra e salata ha avuto un notevole sviluppo, inizialmente con impianti realizzati a terra mediante la costruzione di vasche nelle quali era allevato il pesce. Per questo tipo di acquacoltura, però, si rendeva necessario il ricambio idrico continuo, e i costi dell’energia elettrica per l’uso delle pompe sono rapidamente divenuti incompatibili con la gestione economica.
Negli ultimi 20 anni si sono diffusi gli allevamenti direttamente praticati in mare, secondo la tecnica della “maricoltura”.
La maricoltura, in aree più o meno protette dal punto di vista meteomarino, viene condotta per mezzo di impianti che sono costituiti fondamentalmente da un insieme di gabbie, galleggianti o sommergibili, flessibili o rigide, e da reti all’interno delle quali viene effettuato l’intero ciclo di allevamento, dalla semina dell’ “avannotto” (il pesciolino di pochi centimetri di lunghezza) sino al pesce di porzione commerciale (300-500 grammi circa). Per lo svolgimento delle operazioni necessarie alla conduzione di un impianto di maricoltura ci si avvale di attrezzature e sistemi di supporto che semplificano le operazioni e riducono al minimo la necessità d’intervento manuale dell’operatore. Sul mercato sono disponibili diverse tecnologie a livelli diversi di complessità, facilità d’uso e costo: sistemi di gabbie galleggianti articolati, gabbie rigide, gabbie in polietilene ad alta densità, gabbie off-shore rigide, gabbie “Tension Leg” e gabbie a recinto.
La scelta del tipo di gabbie da utilizzare è strettamente legato al paraggio in cui le stesse saranno installate. E’ quindi necessario un approfondito studio meteomarino al fine di valutare i valori dell’altezza d’onda significativa Hs con un determinato periodo di ritorno T e dell’onda di progetto, da porre a base dei calcoli per il dimensionamento sia delle gabbie che delle strutture di ormeggio. La scelta del sito deve essere fatta anche in base a considerazioni di altra natura (ambientali, paesaggistiche, turistiche, ecologiche, etc.).
Molti degli impianti costruiti negli ultimi anni sono del tipo off-shore costituite con tubi di PEAD (polietilene ad alta densità) singolo, doppio o triplo, utilizzate per luoghi riparati o in siti più esposti dove comunque l’onda non supera i 5 – 7 metri. Queste gabbie sono disponibili in diversi diametri da 12,5 a 25 metri e possono sostenere reti anche di 15 metri di altezza. I volumi di allevamento risultano quindi estremamente diversificati, andando da 600 mc a circa 7.300 mc. Le gabbie possono essere installate singolarmente oppure in treni da 4 – 6 – 8. Nei casi di installazioni in siti esposti, questo tipo di gabbie può essere dotato di un sistema per il riempimento dei tubi di acqua in modo tale da permettere l’affondamento della gabbia a una profondità prestabilita. Successivamente insufflando aria compressa, la gabbia riemerge, ritornando a galleggiare. Le gabbie in PEAD sommergibili sono utilizzate in siti particolarmente esposti.
L’ACQUACOLTURA NELLA PROGRAMMAZIONE COMUNITARIA
Il Fondo Europeo per gli Affari Marittimi e la Pesca (FEAMP) 2014/2020 ha posto un particolare accento sul rilancio dell’acquacoltura marina, disponendo anche la messa in gioco di importanti risorse economiche, mai in precedenza accordate al settore. La prossima programmazione punterà ancora sull’acquacoltura, a tal punto da inserirla nel nome stesso del fondo: Fondo Europero per gli Affari Marittimi, la Pesca e l’Acquacoltura (FEAMPA) 2021/2027. Relativamente allo sviluppo dell’acquacoltura in Calabria, anche alla luce dell’esperienza fatta con le precedenti programmazioni comunitarie, dovrà tenersi in conto dei seguenti fattori:
⁃ l’acquacoltura non è iniziativa facile, ma richiede competenze tecniche significative: i tempi per l’ottenimento delle prime produzioni commerciabili sono di almeno 2 anni e il piano economico dell’iniziativa deve tenere conto, oltre che degli investimenti iniziali, comunque importanti, degli oneri di gestione (personale, costi per le materie prime e per i mangimi) molto importanti;
⁃ gli impianti realizzati in passato in Calabria erano dotati di molte gabbie di allevamento, con significativo aumento dei costi di investimento e di gestione;
⁃ in passato c’è stata scarsa capacità di aggregazione degli imprenditori del settore. Questo ha notevolmente penalizzato l’intero settore, sia relativamente alle modalità di acquisizione delle materie prime, sia nella commercializzazione che deve ormai essere indirizzata verso la GDO (Grande Distribuzione Organizzata). Un singolo impianto non è infatti in grado di rispondere alle esigenze quantitative della GDO;
⁃ gli impianti realizzati hanno visto la partecipazione di imprenditori locali, dotati di grande spirito di intraprendenza, ma di nessuna esperienza del settore;
⁃ i pescatori, o le loro cooperative non hanno mai tentato di diversificare le attività investendo nell’acquacoltura.
Sarà quindi bene che la nuova programmazione veda un particolare impulso verso la realizzazione di impianti di piccole dimensioni, gestiti direttamente da pescatori della piccola pesca artigianale, sia singoli che associati in cooperative, e che i nuovi impianti di maricoltura siano ubicati nelle immediate vicinanze dei porti di pesca.
L’acquacoltura dovrà essere intesa come attività integrativa alle attività di pesca tradizionali e come un’ importante opportunità per la categoria, soprattutto per favorire il ricambio generazionale.
La Calabria ha un notevole potenziale per lo sviluppo della maricoltura grazie ai seguenti fattori:
– importante sviluppo delle sue coste (circa 800 km);
– buona qualità complessiva delle acque;
– regime termico delle acque che consentono di concludere gli allevamenti in un arco di tempo inferiore rispetto a quello conseguibile in aree più settentrionali.
Nonostante queste premesse con il FEAMP sono stati finanziati per lo più impianti di acquacoltura a terra a causa delle notevoli difficoltà riscontrate dagli imprenditori nel rilascio di tutte le autorizzazioni e/o concessioni necessarie. Con il Bando della Misura 2.48 relativo all’annualità 2019 è stato finanziato l’ammodernamento e l’ampliamento di un impianto di maricoltura esistente a Montebello Jonico.
FOCUS SU UN IMPIANTO DI ACQUACOLTURA FINANZIATO CON IL FEAMP
L’impresa che ha realizzato l’impianto di acquacoltura è una società costituita nel 2006 con l’idea di presentare sul mercato prodotti ittici che potessero garantire al consumatore tutta la freschezza e la bontà del prodotto locale.
L’impianto, grazie ad alcuni finanziamenti ottenuti con il FEP 2007/2013 e con il FEAMP 2014/2020 è stata realizzata in agro del comune di Rocca di Neto (KR) ed è composto da n. 10 vasche per il pre-ingrasso degli avannotti, n. 19 vasche per l’ingrasso di un particolare ibrido di origine americana: il Persico-spigola.
L’impianto presenta inoltre un edificio per lo stoccaggio dei mangimi e delle attrezzature con annesso locale per la vendita al dettaglio, una palazzina adibita alla lavorazione e commercializzazione di prodotti ittici, oltre a strade, piazzali, recinzioni ed altre pertinenze a verde.
Ai fini del funzionamento idraulico, l’impianto prevede un sistema di filtrazione e di ricircolo dell’acqua che viene prelevata dalla falda acquifera mediante dei pozzi. Lo sversamento avviene nell’attiguo fiume Neto, dopo una depurazione che avviene nel laghetto di decantazione posto a valle delle vasche.
Poiché questo tipo di impianto prevede un sistema di areazione delle acque di allevamento con degli ossigenatori in funzione 24 h/24, al fine di ridurre il consumo di energia elettrica, sono stati realizzati n. 2 impianti fotovoltaici: uno da 52,20 Kw, e l’altro da 19,78 Kw, che pur non garantendo la completa autonomia dell’impianto, contribuiscono a ridurre notevolmente i consumi di corrente elettrica.
Il Persico-spigola
Si tratta di un incrocio tra due specie selvatiche: lo Stripped Bass, migratore che dal mare risale i fiumi per la riproduzione e il White Bass, una specie esclusivamente di acqua dolce.
Questo nuovo pesce, già conosciuto come Branzino Striato, ha incontrato da subito un grande favore da parte dei consumatori sia per le sue pregevoli qualità organolettiche e nutrizionali, che per le caratteristiche delle sue carni: i filetti sono spessi e con poche lische, il sapore è dolce e delicato.
Il Persico Spigola offre caratteristiche nutrizionali di prim’ordine: un elevato contenuto di proteine nobili e un moderato apporto lipidico, basso contenuto di colesterolo e significativa presenza di acidi grassi polinsaturi essenziali della serie Omega 3.
Questi ultimi sono un insostituibile componente nutrizionale che l’uomo non è in grado di sintetizzare autonomamente e che deve, quindi, assimilare mediante il consumo di alimenti che li contengono.
Articolo molto interessante, utile per le micro imprese del settore