di Mario Costantino Triolo
Il corsetto, da strumento di tortura a strumento di seduzione…
Nel 1800 il più grande desiderio di tutte le donne fu avere la vita da vespa, ossia una circonferenza che non superava i quaranta centimetri. Alla fine dell’Ottocento il busto si allungò oltre la vita stringendo anche i fianchi. Questo accessorio micidiale costringeva tutti gli organi interni, deformando il fisico in maniera perenne. Le dame di alto rango dovevano possedere un busto adatto ad ogni occasione.
Le proposte in fatto di materiali erano infinite e spaziavano dalla seta ai broccati, dal cotone per i corsetti da notte al tulle, con nastri di raso e rifiniture in seta, con pizzi pregiati e fili d’oro ricamati, erano autentiche opere d’arte da indossare.
Verso l’inizio del XX secolo la storia del corsetto registra un’impennata in termini di richiesta, raggiunge la massima lunghezza: partiva dal busto e arrivava fino alla parte alta della coscia (guepière), mentre un altro modello partiva da sotto il busto (under-bust) e poteva essere utilizzato solo con il sostegno di opportune brasserie. Uno stile che aveva l’intenzione di ridisegnare la nuova visione della silhouette femminile, abolendo per sempre le strutture troppo rigide, avvicinandosi più a quello che oggi chiamiamo bustino che al tradizionale corsetto d’altri tempi, troppo costrittivo.
Tra il 1940 e il 1950 abbiamo assistito a un breve revival di questo tipo di indumento, principalmente nel modello che maggiormente andava a stringere la vita e che dava alla figura femminile l’aspetto di una clessidra, come dettavano le nuove regole dello stile imposte da niente meno che da Monsieur Christian Dior. Dal 1980 la storia del corsetto segna la fugace riapparizione di questo indumento, solitamente limitata alle passerelle e agli atelier dell’altissima moda, e praticamente mai ‘sceso’ dalla passerella per riavvicinarsi alle donne comuni, fino al 1990, con l’irruzione di Madonna che lo trasforma in uno strumento di provocazione. Dal 1990 al 2005 scompare con l’arrivo della corrente minimalista nella moda, per poi riapparire prepotentemente sulle passerelle parigine, destrutturato, ridotto all’essenziale, ma comunque sempre con il suo fascino e carico di femminilità.
Clark Gable racconta: «Marilyn è superlativa. È assolutamente femminile. Ogni cosa che fa è diversa, strana, eccitante, da come parla al modo in cui adopera quel suo magnifico busto. Fa sì che un uomo sia orgoglioso di essere uomo.»