– di Maria Lombardo –
Continuano i miei scavi nella storia borbonica calabrese, continuo a vangare elementi che nel bene e nel male danno una visione diversa di questa regione. Questa volta intendo portarvi su un piatto d’argento la storia di Scaramuzzino, grande architetto che dalle Serre calabresi viaggiò alla volta di Caserta. Uno degli allievi del Vanvitelli che maggiormente diede orgoglio al maestro senza però essere ricordato nei manuali e nella letteratura architettonica, se non per aver eretto le chiese di Serra San Bruno. Purtroppo a Serra non è possibile trovare notizie certe sulla sua vita, sicure invece quelle sulla sua fama. Nei catasti onciari ho potuto vedere che nel 1741 a 18 anni era vaticale (mulattiere), fonte da valutare, e nel 1755 era mastro falegname. In questo catasto però si può vedere la paternità ossia di Cosmo.
Biagio aveva le idee molto chiare sul percorso da fare era ben chiaro il suo disegno di avvicinare il noto Vanvitelli (VAN WITTEL), architetto di fama. Era giunto il tempo in cui la Corona di Napoli decide di edificare uno stupendo palazzo reale più grande e splendido di Versailles.
Il progetto fu affidato al figlio di Gaspar Van Wittel, già attivo a Roma sotto Benedetto XIV nel restauro della cupola di S.Pietro. Luigi Vanvitelli dovette crearsi una squadra efficiente e composta dall’ inthelighenzia dei maggiori architetti del Regno.A quel tempo di edificazione del gioiello casertano: la Reggia Biagio lavorò in questo progetto a fianco del Vanvitelli, chi avrebbe mai immaginato che un “anonimo” architetto calabrese fosse uno dei pupilli dell’architetto. Gli studi e la vicinanza del Vanvitelli avvicinano Biagio al barocco ed una volta tornato a Serra edifica l’Addolorata un vero capolavoro!.
Inoltre secondo la fama degli intagliatori serresi nella Platea di La Serra si scrive che fu Sindaco di Serra a 44 anni e “ Ingegnere di Gran nome e conosciuto financo nella Capitale”.Gli scavi storici intorno a questa vicenda mi portano a scoprire che il giovane calabrese operò coll’ architetto napoletano proprio sullo scalone centrale della Reggia. Era lo scalone per quei tempi il più alto d’Italia con i suoi 18 metri di altezza. Lo scalone d’onore, invenzione dell’arte scenografica settecentesca, collega il vestibolo inferiore e quello superiore, dal quale si accede agli appartamenti reali. Il Vanvitelli volle che questa parte principale fosse affidata solo a menti argute ed esperte come quella di Biagio. Le sale destinate alla famiglia reale vennero realizzate in più riprese e durante un intero secolo, secondo uno stile che rispecchia la cosiddetta “unità d’interni” caratteristica della concezione architettonica e decorativa settecentesca ed in parte secondo il gusto ottocentesco per l’arredo composito e l’oggettistica minuta.
Non a caso a Caserta il giovane si interessò di perfezionarsi in scienze ancora non alla sua portata divenendo così poliedrico. E’ chiaro che il lavoro fianco a fianco col l’illuminato borbonico influenzò molto il nostro tant’è vero che al suo rientro si cimentò ad edificare le chiese della sua Serra San Bruno, non discostandosi dagli insegnamenti del maestro. Riporto a sunto di quanto detto in calce la prova scientifica della facciata della Chiesa Addolorata. Il giovane riprende tutti gli elementi e da alla chiesa una facciata dalla forma ellittica, ed è un continuo ondulare dai cornicioni in poi. Acquisisce delle forme che appaiono deformate tecnica tipica al tempo sia a Napoli che in Europa, il calabrese dall’ingegno spiccato le portò a Serra ed in altre zone di Calabria. Lo Scaramuzzino nel mentre srotolava il suo progetto rimase vigile a non scadere nella rettorica formale, e a non cadere nei fasti secondo il valore dell’ Arciconfraternita dei Sette Dolori. Fondamentale è l’utilizzo delle maestranze locali abili come Vincenzo Salerno, e l’utilizzo dei materiali locali.