di Giovanni Laganà
La presenza di quel relitto era stata segnalata nel 2009 ed esso fu completamente rilevato nel 2016
Del relitto di Capomulini avevo sentito parlare più volte. Certo, tra leggende e pseudo-verità subacquee, non avevo mai avuto la possibilità di esplorarlo personalmente e, per questo, non riuscivo nemmeno ad immaginarlo.
Di certo, quando con gli amici del Diving Center Jonio Pro Dive costeggiavo in gommone il litorale che da Catania oltrepassa Aci Trezza in direzione Acireale, Vincenzo Campanella, quasi ad interpretare il mio desiderio, mi faceva capire che prima o poi le autorizzazioni sarebbero arrivate.
Già, trattandosi infatti di un sito posto sotto tutela archeologica, erano necessari i nulla osta della Soprintendenza del Mare e dalla Capitaneria di Porto di Catania per consentire di effettuare immersioni altrimenti interdette.
Per quale motivo però quel luogo è così ambito dalla comunità dei subacquei, della quale, tuttavia, solo chi è dotato di brevetti particolari, può accedervi? Solo il privilegio di poter raggiungere mete per altri proibite ed inimmaginabili?
Non posso nascondere che questa, in generale, sia una sufficiente motivazione. Nel caso particolare, però, avvertivo forte l’emozione di poter arrivare lì dove il Mare custodisce gelosamente la Storia da più di Duemila anni.
Ciò che più colpisce dello straordinario relitto di Capomulini è che le anfore, di varie forme, sono divenute un rigoglioso substrato per animali sessili e non, e quasi ognuna di esse è ormai diventata una sicura tana per scorfani, gronghi, murene, ma soprattutto aragoste.
La presenza di quel relitto era stata segnalata nel 2009 ed esso fu completamente rilevato nel 2016 anche grazie all’apporto di qualche subacqueo locale, competente ed esperto, che aveva cooperato con la Soprintendenza del Mare per definire la caratterizzazione e lo stato di conservazione di quel giacimento archeologico.
Quest’ultimo, fra i più ricercati ed ambiti d’Italia per la sua straordinaria varietà e longevità dei reperti ospitati, “vive” su un fondale compreso fra i cinquantacinque ed i settanta metri ed è caratterizzato dalla presenza di centinaia di anfore, di cinque diverse tipologie, contenenti originariamente forse del vino e databili fra la fine del II secolo a.C. e la metà del I secolo a.C.
Oggi, dopo circa dodici anni dalla sua scoperta, è stato possibile verificare che il carico anforario è ben visibile e si mantiene integro, proprio come gli elementi in piombo delle àncore che sono rimasti nella stessa posizione di giacitura riscontrata nel 2016.
Il relitto, con verosimile certezza, sembrerebbe essere quello di una nave affondata e capovolta con tutti i manufatti trasportati, probabilmente a seguito di condizioni meteo marine avverse, non consentendo nel tempo al materiale ligneo di resistere agli agenti marini.
Osservando la disposizione, la forma e le dimensioni del cumulo, composto da circa quattrocento anfore di varia fattura, si stima che la nave fosse lunga circa venti metri.
Ad una estremità – quella che dovrebbe essere la posizione della prua – sono visibili le ancore di piombo e le contromarre, mentre nell’altra – probabilmente la poppa – sono presenti dei tubi (forse usati per la sentina) e delle tegole.
Ma ciò che più colpisce è che le anfore, di varie forme, sono divenute un rigoglioso substrato per animali sessili e non, e quasi ognuna di esse è ormai diventata una sicura tana per scorfani, gronghi, murene, ma soprattutto aragoste.
Certo, la profondità del sito ma, ancora di più, la presenza di corrente, non sono condizioni sempre ideali per affrontarlo; e tuttavia, quando ci si ritrova sul fondo nel punto in cui poche decine di metri ti separano da esso, sembra di essere magneticamente attratti e contemporaneamente circuiti da una diversa dimensione spesso indescrivibile che riesce a farti tornare indietro nel tempo.
Ah, dimenticavo…
Le autorizzazioni sono puntualmente arrivate, Vincenzo me lo ha comunicato con gioia ed assieme a lui, Fabrizio, Enrica, Riccardo e Massimiliano, il Mare ha offerto la Storia ad i nostri occhi ed alle nostre menti come solo lui sa fare.
Complimenti a Giovanni Laganà e a tutto il suo staff per le meraviglie che ci regala!
Grazie di cuore Valeria, Giovanni Laganà, oltre ad essere un eccezionale professionista, è una persona innamorata del bello. E questo lo si percepisce dai suoi scritti. Siamo contenti che ti piacciano i nostri articoli.
Fantastici racconti per chi non puo’ ancora accedere a quelle profondità!!
Complimenti a Giovanni per le foto e l’articolo.
Questo è uno dei siti di immersione più bello del litorale catanese.