Francesco Jozzi   

di Luigi Polillo

 

Il lavoro artistico di Francesco Jozzi, originario del territorio catanzarese, è radicato in una pittura dominata da impulsi di singolare intensità e cruda violenza, ma al contempo da una fiabesca visione. Erano gli anni ’70 quando inizia ad addentrarsi nei labirinti artistici rimanendo sedotto dalla pittura ottocentesca di Vincent Van Gogh; egli cerca di trovare il suo linguaggio espressivo iniziando una pittura classica per lo più paesaggistica, un classicismo che però frena e non appaga l’animo dell’artista. In un secondo tempo, un luttuoso evento familiare avvilisce la sua persona, ma, contemporaneamente, lo sprona ad esprimere tutti i suoi stati d’animo, concependosi in una catartica pittura.  Nulla più frena l’artista ormai padrone di un linguaggio autonomo e di una consapevole capacità di percepire una realtà per lui tangibile ma per altri invisibile. Nella sua energica ricerca inizia a contrastare uno dei mali inevitabili della nostra epoca, ossia il fenomeno del consumismo. Attraverso i suoi primi dipinti su poster, manifesti pubblicitari e materiali cartacei di riciclo, denuncia gli effetti positivi e negativi che il fenomeno ha nella società e sul singolo individuo. Notato inevitabilmente da collezionisti e cultori d’arte, sconfina dal suo territorio d’origine. Gli anni ’80 concernano il culmine della sua produzione, la quale gli consentì di partecipare a numerose collettive, che lo videro al fianco di Achille Perilli ed Emilio Scanavino, ed ancora ad artisti storicizzati del ‘900 come Depero, Man Ray e Lucio Fontana. La sua incessante creazione e ricerca  lo conduce, a metà degli anni Duemila, a metabolizzare anche il disagio della modernità legato ai nuovi mezzi tecnologici, mettendo in mostra opere intense. Una in particolare, ossia Attenti ragazzi”, afferra il mio interesse: un’ opera elaborata con la tecnica collage e interventi di pittura ad olio – il suo frutto è la rottura di un circolo vizioso dei “ragazzi”, nominata da Jozzi maledizione di internet. Il messaggio che l’artista vuole trasmettere è che, se non usata nei corretti modi, la rete di telecomunicazione conduce ad annientare e affievolire le menti adolescenziali e ad alterare le proprie tensioni e debolezze  incitate dalla stessa. Secondo Freud, conscio, preconscio e inconscio sarebbero le tre forze che governano la nostra mente; le prime due parti, più riconoscibili, sono spesso vittime della censura e in alcuni casi i ricordi traumatici vengono rimossi e rilegati nell’inconscio, ed è così che Jozzi racconta i suoi ricordi e le sue storie, attraverso un energico, commovente e riflessivo gioco di colori, segni primitivi, volti arcaici e sovrapposizioni di carte, ritagli di giornale o di rivista, dove, il finale di ogni sua storia, non segna un punto, ma lascia in sospeso l’unico grande valore che resta all’individuo, ossia la scelta, che sovverte in profondità sia l’ideale dell’autenticità umana che l’etica comportamentale.

 

 

 

 

 

 

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