di Paola Del Negro – biologa, direttore generale dell’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale – Trieste
Il Mediterraneo rappresenta soltanto lo 0,8% della superficie oceanica terrestre ma la sua biodiversità è paradossalmente molto elevata. Sono rappresentati infatti più del 5% dei taxa degli animali marini superiori (metazoi) e più del 16% dei taxa vegetali. Questa grande diversità è spiegabile con la posizione geografica, compresa tra l’area boreale euro-asiatica e quella tropicale-subtropicale africana, che facilita la presenza di specie originarie di quasi tutti i conosciuti reami biogeografici. Anche la storia geologica e climatica hanno contribuito notevolmente, determinando il susseguirsi e la sovrapposizione di differenti episodi di colonizzazione da parte di nuove specie. A questo si aggiunge la geomorfologia complessa dell’area e, di conseguenza, la varietà del suo clima.
Ma se le nostre conoscenze della biodiversità visibile, degli organismi cioè che riusciamo a vedere direttamente, sono abbastanza approfondite, molto poco si sa del mondo invisibile. In una goccia di mare ci sono miliardi di organismi invisibili a occhio nudo che si possono individuare soltanto con potenti microscopi e metodiche di analisi a livello molecolare. Stiamo parlando di virus, più piccoli di un millesimo di millimetro, in media da 0,02 a 0,2 micron (1 micron = 1 millesimo di millimetro), e di procarioti, le cui dimensioni sono di poco superiori (mediamente da 0,2 a 2 micron ).
L’emergenza sanitaria da covid-19 ha portato alla nostra attenzione i virus. Non sono organismi, non hanno cioè una vita autonoma, né sono capaci di trasformare il cibo attraverso il metabolismo o riprodursi da soli. Hanno bisogno di altre cellule e per questo vengono definiti parassiti obbligati. Sono ubiquitari sul pianeta terra e sono molto abbondanti anche in mare dove ne troviamo più di un miliardo in ogni litro d’acqua. Si stima che ci siano 1030 virus nell’oceano, maggiormente presenti nelle acque costiere.La loro biomassa è equivalente a 75 milioni di balenottere azzurre. La pandemia Covid-19 ci fa pensare che tutti i virus siano “cattivi” e pericolosi per la nostra salute ma non è assolutamente così: dobbiamo ricordare che il loro ruolo è fondamentale nel mantenere l’equilibrio degli ecosistemi, ed in particolare di quelli estremamente complessi come quello marino. La maggior parte di essi sono parassiti di procarioti. I procarioti sono rappresentati dai batteri (anche quelli fotosintetici come i cianobatteri) e dagli archea, microbi molto simili ai batteri che popolano acque profonde e ambienti estremi.
Quando i virus infettano e uccidono i procarioti rimettono in circolo tutta la sostanza organica di cui sono costituiti, compreso il carbonio e l’azoto, innescando quindi uno dei passaggi più importanti del ciclo biogeochimico del pianeta.
In mare è disciolta molta sostanza organica (zuccheri, lipidi, proteine) che deriva dal metabolismo di tutti gli organismi. Sono prodotti di escrezione, residui dell’alimentazione, scarti di varia origine degli organismi marini che vivono, mangiano, respirano e muoiono in mare. Questa sostanza organica rimarrebbe dispersa, inutilizzata, se non ci fossero i procarioti, che la “mangiano” trasformandola in biomassa. I procarioti a loro volta vengono predati e così la loro biomassa viene trasferita ai livelli trofici superiori. Una vera “economia circolare”. I virus a loro volta infettando le cellule procariotiche controllano lo sviluppo dei popolamenti e mantengono la biodiversità. Il virus, per esplicare il suo ciclo vitale, ha bisogno di cellule attive, con metabolismo molto spinto e quindi infetta primariamente i procarioti più efficienti. L’effetto killing the winner (uccidi il vincitore) fa sì che anche i microbi meno efficienti possano avere una loro chance di sviluppo e duplicazione.
L’azione dei virus, quindi, è importante sia per la conservazione della biodiversità microbica sia per il mantenimento del numero dei procarioti in mare, che senza l’azione di regolazione dei virus potrebbero proliferare e duplicarsi in modo abnorme, consumando energia e togliendo ossigeno al sistema.
Importanti progetti internazionali e spedizioni scientifiche, come Tara expedition, hanno permesso di imparare molto su virus e batteri marini scoprendone più di 200 milioni di specie, ma la grande diversità, presente soprattutto nelle profondità abissali, è ancora sconosciuta e rappresenta la grossa sfida per la ricerca dei prossimi anni. Questa sfida si può vincere avendo a disposizione infrastrutture e strumentazioni adeguate come la nave oceanografica “Laura Bassi”, la prima nave rompighiaccio italiana, di proprietà dell’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale – OGS, che consentirà alla comunità scientifica italiana di esplorare i mari polari anche nelle aree coperte da ghiacci e finora inesplorate.